È trascorso un secolo dalla nascita di Madiba, il 18 luglio 1918. Icona della lotta al razzismo, ha passato circa un terzo della vita in prigione. Poi, da uomo libero, è diventato il primo presidente nero del Sudafrica, cambiandone la storia.
Leader dell’African National Congress, guida per anni la lotta contro il regime di segregazione razziale imposto alla popolazione nera del Sud Africa.
Nel 1963 viene arrestato dal potere bianco, accusato di alto tradimento e condannato. La sua celletta nel famigerato carcere di Robben Island, davanti a Città del Capo, diventa un luogo simbolo del XX secolo: in tutto il mondo nasce un movimento trasversale contro l’apartheid e il prigioniero Nelson diventa l’icona di questa battaglia, con canzoni, film, proteste dedicate ovunque. Ma il regime della segregazione persiste, nonostante il boicottaggio internazionale. E, per 26 lunghi anni, Mandela rimarrà tra le sbarre. Dalla prigione spedirà delle lettere, di lotta ma anche d’amore, ora finite in un volume, «Lettere dal Carcere». Nel 1964 viene condannato all’ergastolo con l’accusa di alto tradimento, dal carcere riesce a rimanere la testa e il simbolo della lotta.
Liberato nel 1990, l’anno successivo e’ eletto presidente dell’Anc e nel 1993, insignito del Premio Nobel per la Pace, sarà Nelson Mandela, ad essere eletto Presidente della Repubblica Sudafricana alle prime elezioni libere del suo Paese, nel 1994. Rimarrà in carica sino al 1999.
Nelson Mandela muore il 5 dicembre 2013.
La storia di Madiba è una storia che riguarda anche il nostro Paese. Quella contro l’apartheid è stata forse una delle ultime vere battaglie, combattuta tutti insieme. Una campagna che potremmo dire di altri tempi; meno particolarismi e più coesione. Più idealismo e passione.
Anche l’ex presidente Usa, Barack Obama omaggia Nelson Mandela è intervenuto a Johannesburg alla cerimonia per i 100 anni dalla nascita dell’uomo simbolo dell’Apartheid. Nel suo discorso, Obama ha attaccato la “politica dell’uomo forte” affermando che “coloro al potere tentano di minare ogni istituzione che dà significato alla democrazia”. E ha aggiunto: “Non sono allarmista, sto semplicemente guardando ai fatti. Guardatevi intorno”. Ha quindi insistito sulla difesa dell’eguaglianza in tutte le sue forme e ha affermato: “Avrei immaginato che a questo punto ne saremmo venuti a capo”.
Nel marzo del 2013, il vecchio leone inizia a mostrare la fatica degli anni: viene ricoverato una prima volta e poi dimesso, finché nel luglio, torna di nuovo in ospedale e, tra mille rumour e smentite, entra in stato vegetativo. L’agonia dura sei mesi, finché il 5 dicembre Mandela muore: la notizia suscita un’enorme emozione in tutto il mondo, tantissimi capi di stato si precipitano a Johannesburg e migliaia di persone seguiranno i funerali. Nelson verrà sepolto nella cittadina in cui era cresciuto, Qunu, la terra da cui era partito questo lungo viaggio verso la libertà.
Di Antonio Gentile