di Danilo Bazzucchi
Prof. Paolo De Castro, ordinario di Economia e Politica Agraria presso l’Università degli studi di Bologna. E’ stato per tre volte Ministro delle politiche agricole e forestali (governo D’Alema I e II e governo Prodi). Rieletto all’elezioni europee del 2019, siede per la terza volta al Parlamento europeo come Coordinatore del Gruppo dei Socialisti e Democratici, ricoprendo la carica di membro effettivo della Commissione per Agricoltura e Sviluppo rurale, oltreché al Commercio Internazionale per i Bilanci e delle relazioni con gli Stati Uniti.
Buongiorno Professore, grazie innanzitutto per aver accettato questa intervista.
Vorrei iniziare parlando del territorio in cui vivo, l’Italia centrale, e specificatamente di Umbria e Marche. Una zona bastonata prima dal terremoto e poi dalla pandemia. A parte il problema della ricostruzione, che ovviamente non è di sua competenza, vorrei sapere da lei qual’è la situazione dell’agricoltura, che è uno dei settori trainanti dell’economia locale, e in quali aiuti possono sperare gli operatori del settore?
Nel mondo dell’agricoltura il tema ha riguardato, come crisi del coronavirus, prevalentemente il canale horeca, dove abbiamo avuto un crollo di domanda stimato complessivamente, in Italia, di un quarto del consumo alimentare, ancora di più invece per quanto riguarda i settori che esportano. Ovviamente l’azione che abbiamo avviato è quella di aiutare le imprese, dando sia agli agricoltori che alle aziende di trasformazione la possibilità di usufruire da subito di aiuti, modificando il regolamento dello sviluppo rurale al fine di dare agli stati europei membri una flessibilità aggiuntiva, che da loro la possibilità di utilizzare immediatamente gli aiuti che sono, cosa molto importante, a fondo perduto e quindi non devono essere restituiti.
Un tempo chi lavorava nel settore agricolo era visto non dico male, ma comunque con un certo pregiudizio. Adesso si parla di un forte ritorno verso questo settore, soprattutto da parte dei giovani. Che motivo avrebbe un ragazzo o una ragazza oggi di scegliere questo lavoro, a parte la scelta green?
Il ritorno è certificato dall’incremento sia degli iscritti all’università, facoltà di agraria che dagli iscritti agli istituti tecnici agrari che è un ottimo segnale in controtendenza rispetto ai decenni passati perché significa che c’è un ritorno di attenzione al settore agricolo e alimentare. Ora il tema qual’è, è che si è capito che quando si lavora in maniera intelligente portando qualità sulle tavole dei consumatori, portando capacità organizzativa e certificazioni territoriali si possono fare redditi interessanti, perché non c’è dubbio che accanto alla criticità del coronavirus noi registriamo un settore che era in espansione fino a tre/quattro mesi fa. Stiamo parlando di un livello di export che è arrivato a 45 miliardi, una cifra impensabile nel settore agroalimentare fino a qualche anno fa e questo è dovuto soprattutto ai prodotti di qualità che hanno trovato nei mercati europei e extraeuropei un altissimo interesse da parte dei consumatori. Quindi oggi fare prodotti di qualità e avere i canali commerciali giusti significa fare redditi interessanti che è una cosa fondamentale, perché se non c’è reddito i giovani non si avvicinano.
Parliamo di Brexit, in una sua dichiarazione di qualche giorno fa ha ammesso che le trattative tra UE e UK sono tutte in salita. Quali sono le maggiori difficoltà riscontrate e soprattutto quali rischi corre l’Italia per i propri prodotti e marchi?
Purtroppo le notizie non sono positive, io sono relatore ombra del gruppo della brexit e quindi ho partecipato a tutti i monitoring group con i negoziatori sia nostri (cioè europei) che con i negoziatori inglesi. Purtroppo la sensazione che abbiamo è che non ci sia da parte britannica nessuna volontà di avanzare nel negoziato, i 35 punti sui quali avevamo concordato nell’accordo di recesso votato sia dal parlamento europeo che dal parlamento inglese sono rimasti così come sono e non c’è stato nessun passo avanti. Tanto che, a questo punto, pensiamo che non ci sia da parte del governo britannico la volontà di chiudere l’accordo e di avviarci verso un no deal che sarebbe drammatico certamente per l’Europa e per il nostro paese, che esporta nel Regno Unito qualcosa come tre miliardi solo di prodotti alimentari tanto per capire quanto è importante quel mercato, però attenzione ricordiamoci che se per noi è importante per il Regno Unito l’Europa vale oltre la metà di tutte le esportazioni inglesi, il 56% tanto per dire mentre solo il 6% dell’export dell’Europa va in direzione opposta, quindi per noi sarebbe certamente un problema ma i rischi maggiori li corre il Regno Unito. L’Europa ha chiesto più volte che UK avanzasse una proposta di estensione oltre il 31 dicembre 2020, che è la scadenza che avevamo accordato all’atto della votazione dell’accordo di recesso, però al momento da parte loro non c’è nessuna volontà di chiedere una proroga.
La UE ha prorogato ancora le sanzioni verso la Russia, per noi cioè per l’Italia è un danno enorme, perché sono state perse rilevanti quote di mercato, quote che sicuramente saranno state prese da altri paesi. Non le sembra un controsenso una scelta del genere?
Assolutamente si, e non è solo il parere personale di Paolo De Castro ma è dell’Italia intera insieme finalmente ad altri patners europei, come per esempio la Francia, che chiede di rivedere questa posizione nei confronti della Russia e soprattutto in questa fase post-covid dobbiamo dare una spinta all’economia e ci farebbe molto comodo vedere riaperti quei canali commerciali dell’agroalimentare per noi importantissimi, anche alla luce del neo protezionismo americano che stiamo purtroppo registrando da parte dell’amministrazione Trump. Per cui io mi auguro che finalmente nel parlamento europeo si trovi una maggioranza e che le forme di condanna del comportamento della Russia in Ucraina siano individuate attraverso altre forme e non attraverso degli embarghi che comportano poi dei ping pong tra l’Europa e la Russia, con danni che sono maggiori per la UE che per la Russia.
Almeno una domanda sulla situazione italiana gliela devo fare, cosa pensa dell’attuale momento politico in Italia, la maggioranza è in fibrillazione e non è coesa, in autunno ci aspettano momenti molto duri. Cosa dovrebbe fare il governo per affrontare questa situazione? E l’Europa come ci giudica?
Intanto la UE ha accolto l’attuale governo con un sospiro di sollievo, perché le preoccupazioni di avere una forza populista, antieuropea così contraria alla crescita e lo sviluppo della UE al governo di un paese importante come l’Italia, tra l’altro uno dei paesi fondatori, era visto in Europa con grandissima preoccupazione, quindi l’arrivo di un nuovo esecutivo convinto europeista e soprattutto con una filiera europea nelle mani di Gentiloni, Gualtieri, Amendola ha sicuramente rassicurato i nostri patners che oggi ci vedono con straordinaria positività. Per quanto riguarda la situazione interna ovviamente posso dire che non è facile, perché la coabitazione fra il PD e i 5S è molto complicata anche e soprattutto per diversità di vedute. Però a me sembra che tutto sommato la situazione, in questa epoca di pandemia, non è stata gestita male, la sensazione che io ho non è una sensazione negativa, poi per carità si può fare sempre meglio ma allo stato di fatto e con i numeri che oggi ha il parlamento italiano credo che ci sia la volontà di andare avanti e di proseguire.