La madre cattolica di cinque figli dopo quasi 10 anni di prigione è stata finalmente assolta dalle false accuse di blasfemia. Lo ha annunciato stamattina il presidente della Corte suprema. Quando Asia Bibi disse a Tempi: «Credo che Gesù compirà il miracolo e mi darà libertà, proprio come ha fatto con Pietro».
La condanna era arrivata nel 2010: la donna, cristiana, era accusata di aver offeso Maometto. Il partito Tlp, che rappresenta i musulmani sunniti, ha promosso manifestazioni: gente in strada a Islamabad e a Karachi.
Come detto, dopo 3.420 giorni di carcere ingiusto e ingiustificato, Asia Bibi è finalmente libera. La madre cattolica di cinque figli è stata definitivamente assolta dalla Corte Suprema, che stamattina ha comunicato pubblicamente il verdetto. Dopo essere stata condannata in primo e secondo grado per false accuse di blasfemia, l’8 ottobre si è tenuta a Islamabad l’udienza finale del processo, presieduta dal presidente della Corte suprema, Mian Saqib Nisar. In quell’occasione, i giudici hanno preso una decisione ma hanno tenuta segreta la sentenza, vietando ai media di parlare del caso a motivo della sua estrema delicatezza. Attualmente, 300 agenti sono stati schierati a guardia del tribunale.
IL CALVARIO DI ASIA BIBI
Oggi Asia Bibi è libera, ma il suo calvario è durato un tempo che pare infinito. Era il 14 giugno 2009 quando la donna cattolica bevve un bicchiere d’acqua per ristorarsi dal lavoro nei campi e fu accusata da due donne musulmane di avere infettato la fonte, in quanto infedele. Ai tentativi delle colleghe di convertirla all’islam, lei rispose: «Il mio Gesù è morto sulla croce per redimere i peccati di tutta l’umanità, Maometto cosa ha fatto per voi?». Asia Bibi venne insultata e picchiata da una folla di musulmani chiamati a raccolta dai muezzin delle moschee. Dopo 5 giorni, il 19 giugno 2009, il mullah musulmano Qari Muhammad Sallam, che non aveva assistito all’alterco, formalizzò l’accusa di blasfemia davanti alla polizia e la madre cattolica fu arrestata e portata via dalla sua casa del villaggio di Ittar Wali (Punjab).
CONDANNA A MORTE
Condannata a morte in primo grado in base all’articolo 295-C del codice penale l’11 novembre 2010, Asia Bibi è rimasta in isolamento da allora. Dopo aver passato un primo periodo nel carcere di Sheikhupura, è stata trasferita in quello di Multan. La donna ricorda così l’udienza:
«Piansi sola, con la testa tra le mani. Non posso più sopportare la vita di persone piene di odio, che applaudono per l’uccisione di una povera bracciante. Ora non li vedo più, ma li sento ancora, la folla che tributa il giudice con una standing ovation, gridando: “Uccidetela, uccidetela! Allahu Akbar. Vendetta per il santo profeta. Allah è grande!”».
LA PISTOLA ALLA TEMPIA IN TRIBUNALE
I giudici pakistani hanno usato il tempo come arma crudele contro Asia Bibi: il processo di appello infatti è stato rinviato senza motivo cinque volte in quattro anni. Il 16 ottobre 2014 la corte d’appello di Lahore ha confermato la condanna a morte. Nonostante le prove siano sempre state nulle e inattendibili nel caso di Asia BIbi, come confermato dalla Corte suprema, i giudici in primo e secondo grado hanno avallato la condanna a morte sia per inadeguatezza di alcuni avvocati difensori della donna sia per timore di essere uccisi dagli estremisti islamici. Per far capire il clima durante le udienze, Sardar Mushtaq Gill, attivista cristiano per i diritti umani costretto a fuggire dal Pakistan pochi anni fa, raccontò a Tempi: «Durante il primo grado di processo, il suo avvocato difensore è stato accolto in tribunale dal cancelliere, che gli ha puntato direttamente una pistola alla testa. È questo che intendo quando parlo di pressioni da parte degli estremisti islamici».
L’APPELLO FINALE
Il 24 novembre 2014 la difesa di Asia Bibi ha presentato istanza di appello presso la Corte suprema. Da allora, l’udienza definitiva è stata rinviata per svariati motivi due volte nel 2015 e due volte nel 2016. L’ultima volta, il 13 ottobre 2016 perché uno dei tre giudici, Iqbal Hameedur Rehman, si rifiutò di giudicare il caso.
OMICIDI NEL NOME DI ALLAH
Negli anni in cui Asia Bibi viveva in isolamento, in una cella senza finestre, costretta a farsi da mangiare da sola per non essere avvelenata, tutte le più importanti cariche dello Stato che si sono azzardate a difenderla sono morte. Il 4 gennaio 2011 è stato assassinato il governatore musulmano del Punjab, Salman Taseer, che aveva definito quella sulla blasfemia una “legge nera” da cambiare. Il 2 marzo 2011 è stato invece crivellato di colpi il ministro cattolico per le Minoranze Shahbaz Bhatti, che si era detto disposto a morire pur di ottenere il rilascio di Asia Bibi e la modifica della legge sulla blasfemia.
IL MARTIRIO DI ASIA BIBI
Ora che Asia Bibi è libera e il suo martirio è finito, e nella speranza che i giudici abbiano atteso un mese a comunicare il verdetto per dare il tempo di predisporre tutto per la sua fuga dal Pakistan, dove non può più restare visto che sulla sua testa pende ancora una taglia da 500 mila rupie (10 mila dollari), non si può dimenticare che il martirio è stato consapevolmente scelto da Asia Bibi. Scrisse la donna in una lettera datata dicembre 2012:
“Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui»”.
Asia Bibi è rimasta in carcere quasi 10 anni nei quali non ha potuto vedere i suoi cinque figli Imran, Nasima, Isha, Sidra e Isham, e lo ha fatto per non rinnegare la sua fede in Gesù. Come ha dichiarato lei stessa ai giornali, «il mio più grande desiderio è di poter tornare a vivere con la mia famiglia e mio marito». Come dichiarato ancora da Asia, non ha mai smesso di credere nella sua liberazione: «Io credo nel nome di Gesù che la potenza della Sua mano mi darà la libertà, proprio come ha fatto con Pietro. Quando si trovava in carcere, lo Spirito Santo è venuto e ha aperto la porta della sua cella. Io mi aspetto un miracolo come questo». Oggi il miracolo è finalmente accaduto.
Potrebbe essere liberata nelle prossime ore, ora bisogna vedere in che modalità, sicuramente portandola in un luogo sicuro. Qualcuno mi ha detto che la famiglia potrebbe essere già uscita dal Pakistan ma non sono sicuro. Ho detto alla nunziatura che siamo disponibili ad accogliere lei e la sua famiglia, in Canada, in Italia o Inghilterra ma non sono stato incaricato direttamente di seguirli perché ci hanno detto che si potrebbero creare grossi problemi, a causa del legame con mio fratello. Sembra siano più propensi ad andare in un Paese anglofono per far in modo che i bambini accedano più facilmente alle scuole. Se c’è bisogno di qualcosa sono a disposizione ma non sarà così facile spostarla. Ricordo quando riuscimmo a liberare anni fa una bambina disabile accusata di blasfemia. Fuori dalla prigione si erano immediatamente radunate 10.000 persone. All’epoca chiesi un elicottero, fu portata ad Islamabad e poi trasferita in casa mia e poi in un luogo sicuro con varie difficoltà, quindi in Canada, dove ora vive serenamente con la famiglia.
Dopo questa notizia l’ipotesi di una visita di Papa Francesco potrebbe essere più probabile?
Ho parlato un mese fa con le forze dell’ordine pakistane in merito ad una possibile visita di Papa Francesco in Pakistan. Sarebbero molto contenti ma io dissi che il Pakistan deve dimostrare di voler sostenere la libertà e che un gesto importante sarebbe stato la liberazione di Asia Bibi. Incontrerò il Papa il 30 novembre, saremo ricevuti in udienza con il mio gruppo poi parleremo con il Segretario di Stato e vari cardinali. Gli rinnoverò la proposta di visitare il Pakistan, vediamo. Non vorrei si pensasse che sia stato il Papa a far liberare Asia Bibi. Ma la sua presenza potrebbe essere un messaggio molto bello ed importante per il Pakistan e per il mondo.
la notizia della imminente liberazione potrebbe contribuire a smorzare l’estremismo e l’odio, un periodo buono potrebbe essere la primavera prossima ma bisognerà vedere se e come il governo si muoverà, ecco perchè il sacrificio di suo fratello Shaabaz non è stato vano, purtroppo per lottare contro le ingiustizie a volte bisogna rischiare, avere coraggio e alzare la voce. Stare in silenzio vuol dire accettare le ingiustizie.
“Grande speranza e soddisfazione” ma soprattutto “stima e ammirazione per il coraggio dei giudici” che hanno assolto Asia Bibi: il suo sacrificio servirà alle tante denunce delle ingiustizie provocate dalla legge antiblasfemia. Ora si attende la liberazione dal carcere di Multan e il trasferimento insieme alla famiglia in un luogo sicuro. Si parla di 400/500 persone in carcere a causa della legge sulla blasfemia, musulmani compresi.
di Antonio Gentile