Un evento storico del Vaticano , porterà presto a conoscenza di scenari che in anni passati potevano creare incidenti diplomatici o addirittura far scoppiare guerre fredde tra paesi coinvolti nei tanti documenti segreti , che il vaticano ha deciso di rendere pubblici.
Mentre i media sono tornati a concentrarsi sulla ricerca della tomba di Emanuela Orlandi, che una lettera anonima indica tra quelle del Cimitero Teutonico, l’apertura anticipata dell’archivio segreto del Vaticano per la parte relativa al ‘900 quasi certamente consentirà di trovare la soluzione di misteri che hanno una portata storica certamente più rilevante della sorte della giovane cittadina vaticana scomparsa nel 1983.
Pio XI e il nazismo
Ad esempio siamo forse vicini alla soluzione di uno dei grandi enigmi della storia moderna della Chiesa Cattolica: pare che Pio XI, nei suoi ultimi giorni di vita, avesse redatto un discorso contenente una esplicita denunzia del carattere anticristiano del regime nazista, dissociandosi anche apertamente dal suo antisemitismo. È una leggenda o davvero esistono le bozze di questa allocuzione del Pontefice, minutate da lui stesso quando non sospettava che la sua morte imminente ed improvvisa gli avrebbe impedito di pronunziarla. Se è vero, nella ristretta cerchia delle persone informate di quanto il Papa si accingeva a dichiarare, era certamente compreso l’allora Segretario di Stato, nonché Camerlengo, Eugenio Pacelli.
Il quale, come si è visto, riteneva pericoloso e forse dannoso prendere di petto il regime nazista. Che cosa avvenne del testo che Ratti aveva predisposto? Certamente Pio XII entrò in possesso delle carte Papa appena defunto all’atto stesso della sua morte, dal momento che era anche Cardinale Camerlengo.
Sembra impossibile che il nuovo Papa abbia distrutto tutte le copie del discorso, mentre può darsi che le abbia inserite tra i propri documenti riservati. Ciò spiegherebbe perché non lo si è ritrovato negli incartamenti, già da tempo a disposizione dei ricercatori, relativi al Pontificato di Pio XI. Se il testo esiste ancora, esso vedrà finalmente la luce tra pochi mesi, quando – in base alla decisione annunziata da Bergoglio – la Santa Sede metterà a disposizione degli studiosi l’intero archivio relativo al Pontificato di Pio XII.
Pio XII e il nazismo
Non conterranno invece clamorose sorprese probabilmente le corrispondenze tra Pio XII e i nunzi apostolici riguardo al nazismo: prudente com’era Pacelli si sarà guardato bene dal mettere nero su bianco le sue valutazioni sulla politica tedesca, così come fa oggi la Cei sulla questione dei migranti: meglio aiutarli senza proclami (anche se è un venir meno al ruolo profetico a cui la Chiesa è chiamata. Sulla prossima apertura degli archivi di Pio XII annunciata da Francesco, Repubblica ha intervistato Iael Nidam Orvieto, studiosa di origine italiana esperta di anti-semitismo e direttrice dell’ International Institute for Holocaust Research dello Yad Vashem.
Il vaticanista del quotidiano romano, Paolo Rodari, ha domandato alla studiosa cosa pensa dell’accusa mossa a Pacelli di aver taciuto sulla Shoah. La Orvieto ha risposto cosi: “Di certo si può dire che la denuncia dello sterminio degli ebrei non è stata fatta in modo palese, le sue parole insomma sono state molto più che caute. Sono cose che si sanno. Ciò che non sappiamo è il perché di questa politica, le ragioni e i criteri che l’hanno generata, cosa è accaduto insomma dietro le quinte. Tutto ciò dovrà ora essere accuratamente analizzato”.
Sembra una posizione molto lucida quella della Orvieto. Solo l’apertura degli archivi potrà svelare il perché di certi comportamenti. E in questo senso sembra molto chiaro il titolo fatto all’intervista: “Sappiamo che tacque, vogliamo sapere perché”. Anche perché, aggiunge Rodari, la verità, qualunque sia, non deve far paura. Sarà interessante anche leggere gli atti relativi all’inchiesta canonica che Pio XII aveva ordinato sul fondatore dei Legionari di Cristo, che fu archiviata 50 anni prima che poi fosse condannato da Papa Ratzinger per un numero altissimo di stupri.
Giovanni Paolo II e la dittatura argentina
Ma c’è un’altra vicenda dolorosa e vergognosa a chiarire la quale gli archivi che già qualche mese fa Papa Francesco ha disposto di aprire, potranno contribuire, quella del ruolo del Vaticano durante la sanguinaria dittatura argentina. L’allora nunzio apostolico Pio Laghi aveva informato Giovanni Paolo II delle stragi di stato che venivano perpetrate dai servizi segreti e dai militaribdi Buenos Aires?
Nel corso della dittatura argentina (1976 – 83) sparirono, secondo alcune stime, fino a trentamila persone definite desaparecidos. Padre Jorge Mario Bergoglio, che è stato provinciale dei Gesuiti argentini dal 1973 al 1979, ha più volte rievocato l’epoca della dittatura sia da arcivescovo di Buenos Aires che da Pontefice. Ma mentre la sua azione per salvare il maggior numero possibile di persone è poi risultata lampante, non è ben chiaro cosa abbia fatto il nunzio Laghi che era intimo amico di molti esponenti della dittatura militare.
“Come potevo supporre che stavo trattando con dei mostri, capaci di buttare persone dagli aerei e altre atrocità simili? Mi si accusa di delitti spaventosi per omissione di aiuto e di denuncia, quando il mio unico peccato era l’ignoranza di ciò che veramente capitava …”. طاولة اون لاين Sono parole pronunciate dal cardinale Pio Laghi il 27 aprile 1995, quando volle dichiarare la sua buona fede davanti alle accuse di essere stato connivente con il regime militare argentino negli anni del suo incarico di nunzio apostolico a Buenos Aires, iniziato il primo luglio 1974, lo stesso giorno della morte del presidente Juan Domingo Perón. Il futuro prefetto dell’educazione cattolica finì poi la sua missione diplomatica il 21 dicembre 1980, trasferito negli Usa.
Secondo Vatican Insider e Il Sismografo emergono ora elementi a sostegno di un’azione diplomatica dell’allora rappresentante vaticano in Argentina a difesa dei desaparecidos. E certo c’è attesa di leggere queste carte, che forse smentiranno almeno in parte le ricostruzioni di comodo pubblicate da Bruno Passarelli e Fernando Elenberg, nel loro libro “Il Cardinale e i desaparecidos”, nel quale si legge: “Laghi aiutò a salvare vite umane; assistette umanamente e materialmente molti perseguitati; intercedette a favore di detenuti che, abbandonati nelle loro celle, potevano sparire nel nulla in qualsiasi istante, vittime della politica ‘Notte e Nebbia’ alla sudamericana, praticata dai repressori. Inoltre, cercò di verificare dove fossero finiti i “desaparecidos”, per regalare un raggio di speranza ai loro tormentati familiari.
Criticò pubblicamente la Giunta Militare e continuò a farlo sebbene ricevesse minacce di morte e si scontrasse duramente con Vescovi e cappellani militari che appoggiavano il regime e con i quali, in quanto Rappresentante Pontificio, era chiamato a convivere e non a scontrarsi’”. Sembra così replicarsi la controversia sui silenzi di Pio XII. E anche nel caso di Laghi nonostante la buona volontà di alcuni difensori difficilmente si arriverà ad una lettura condivisa dalle vittime della dittatura argentina.
Anche perché l’allora nunzio apostolico si era esposto molto a favore della Giunta militare (ed era amico personale e avversario sui campi da tennis di Emilio Eduardo Massera) dicendo:“Il Paese ha un’ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi che fronteggiano i germi: così nasce la violenza. I soldati adempiono al loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. معني vpn Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d’Aquino, il quale insegna che in casi del genere l’amore per la Patria si equipara all’amore per Dio”. Insomma un capitolo della storia della Chiesa che andrà riscritto con i nuovi documenti.
Le carte sui desaparecidos
“Come potevo supporre che stavo trattando con dei mostri, capaci di buttare persone dagli aerei e altre atrocità simili? Mi si accusa di delitti spaventosi per omissione di aiuto e di denuncia, quando il mio unico peccato era l’ignoranza di ciò che veramente capitava …”. Sono parole pronunciate dal cardinale Pio Laghi il 27 aprile 1995, quando volle dichiarare la sua buona fede davanti alle accuse di essere stato connivente con il regime militare argentino negli anni del suo incarico di nunzio apostolico a Buenos Aires, iniziato il primo luglio 1974, lo stesso giorno della morte del presidente Juan Domingo Perón.
Il futuro prefetto dell’educazione cattolica finì poi la sua missione diplomatica il 21 dicembre 1980, trasferito negli Usa.
Secondo Vatican Insider e Il Sismografo emergono ora elementi a sostegno di un’azione diplomatica dell’allora rappresentante vaticano in Argentina a difesa dei desaparecidos. E certo è consolante leggere queste carte, che in realtà erano già almeno in parte pubblicate da Bruno Passarelli e Fernando Elenberg, nel loro libro “Il Cardinale e i desaparecidos”, nel quale si legge: “Laghi aiutò a salvare vite umane; assistette umanamente e materialmente molti perseguitati; intercedette a favore di detenuti che, abbandonati nelle loro celle, potevano sparire nel nulla in qualsiasi istante, vittime della politica ‘Notte e Nebbia’ alla sudamericana, praticata dai repressori. Inoltre, cercò di verificare dove fossero finiti i “desaparecidos”, per regalare un raggio di speranza ai loro tormentati familiari. Criticò pubblicamente la Giunta Militare e continuò a farlo sebbene ricevesse minacce di morte e si scontrasse duramente con Vescovi e cappellani militari che appoggiavano il regime e con i quali, in quanto Rappresentante Pontificio, era chiamato a convivere e non a scontrarsi’”.
Sembra così replicarsi la controversia sui silenzi di Pio XII. E anche nel caso di Laghi nonostante la buona volontà di alcuni difensori difficilmente si arriverà ad una lettura condivisa dalle vittime della dittatura argentina.
Anche perché l’allora nunzio apostolico si era esposto molto a favore della Giunta militare (ed era amico personale e avversario sui campi da tennis di Emilio Eduardo Massera) dicendo:“Il Paese ha un’ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi che fronteggiano i germi: così nasce la violenza. I soldati adempiono al loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo.
Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d’Aquino, il quale insegna che in casi del genere l’amore per la Patria si equipara all’amore per Dio”.
dal web di Antonio Gentile Vice Direttore de Il Popolo.