Cari fratelli, buonasera! Benvenuti in Vaticano».
È il saluto di Papa Francesco ai Vescovi italiani, intervenuti per il tema del rinnovamento del clero.
Papa Francesco ha tracciato un identikit del presbitero rispondendo a tre domande sul prete: “che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi?”
Il suo discorso ai Vescovi era impostato su alcuni passi fondamentali: «La prima cosa che mi preoccupa è la crisi delle vocazioni», ha quindi detto il Papa parlando a braccio ai vescovi italiani. «È la nostra paternità che è in gioco», ha commentato Francesco, ricordando che di questa «emorragia vocazionale» aveva già parlato nella recente plenaria degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, definendola «il frutto avvelenato della cultura del provvisorio, del relativismo e della dittatura del denaro»: tutti fattori, questi, che per il Papa «allontanano i giovani dalla vita consacrata, accanto al calo delle nascite.
“Povertà evangelica e trasparenza”, è la seconda indicazione affidata ai vescovi italiani dal Papa. «Per me sempre, perché l’ho imparato come gesuita, la povertà è madre e muro della vita apostolica», ed infine la «Riduzione e accorpamento delle diocesi» è il terzo compito assegnato ai vescovi, come spunto della riflessione e del dialogo che si è tenuto subito dopo a porte chiuse, nel discorso pronunciato a braccio dal Papa per l’apertura dell’Assemblea della CEI in Vaticano. «Non è facile», ha ammesso Francesco: ma con la fede e la volontà cristiana tutto si può.
«Queste sono le mie tre preoccupazioni che ho voluto condividere con voi», ha concluso il Papa: «Ora lascio a voi la parola e vi ringrazio per la parresia», con la parola paressia Francesco chiede alla platea dei Vescovi, in modo semplice, di aprirsi alla sincerità che viene dall’animo e di usare la “libertà di dire tutto” , e il suo auspicio è stato quello di adoperarsi alla franchezza nell’esprimersi, l’auspicio per il dibattito che poi è cominciato, a porte chiuse, subito dopo.
di Antonio Gentile