“Nella preghiera, un cristiano porta tutte le difficoltà delle persone che gli vivono accanto“: è il cuore della catechesi di Papa Francesco dedicata al Padre Nostro.
Chi prega, “quando scende la sera, racconta a Dio i dolori che ha incrociato in quel giorno; pone davanti a Lui tanti volti, amici e anche ostili; non li scaccia come distrazioni pericolose. Se uno non si accorge che attorno a sé c’è tantagente che soffre – ha sottolineato papa Francesco -, se non si impietosisce per le lacrime dei poveri, se è assuefatto a tutto,allora significa che il suo cuore è appassito. No, peggio: è di pietra. In questo caso è bene supplicare il Signore che ci
tocchi con il suo Spirito e intenerisca il nostro cuore”.
Il “sentire compassione” è “uno dei verbi-chiave del Vangelo”. “Ci possiamo chiedere: quando prego, mi apro al grido di tante persone vicine e lontane? Oppure penso alla preghiera come a una specie di anestesia, per poter stare più tranquillo? In questo caso sarei vittima di un terribile equivoco. Certo, la mia non sarebbe più una preghiera cristiana. Perché quel ‘noi’, che Gesù ci ha insegnato, mi impedisce di stare in pace da solo, e mi fa sentire responsabile dei miei fratelli e sorelle”, ha concluso il Papa
“Gesù vuole che i suoi discepoli non siano come gli ipocriti che pregano stando dritti in piedi nelle piazze per essere ammirati dalla gente” ha aggiunto ancora il Papa. “No, Gesù non vuole ipocrisia!”, ha proseguito Francesco a braccio, ricordando che “la vera preghiera è quella che si compie nel segreto della coscienza, del cuore: imperscrutabile, visibile solo a Dio, io e Dio”. Lui ha detto: “Quando preghi, entra nel silenzio della tua camera, ritirati dal mondo, e rivolgiti a Dio chiamandolo ‘Padre!’”, l’indicazione di Gesù, per spiegare che la preghiera “rifugge dalla falsità: con Dio è impossibile fingere”.
La preghiera “rifugge dalla falsità: con Dio è impossibile fingere, impossibile. Davanti a Dio non c’è trucco che abbia potere, Dio ci conosce così, nudi nella coscienza, e fingere non si può. Alla sua radice c’è un dialogo silenzioso, come l’incrocio di sguardi tra due persone che si amano: l’uomo e Dio”. ha aggiunto il Papa nella catechesi dell’udienza generale dedicata al Padre Nostro.
“Eppure, nonostante la preghiera del discepolo sia tutta confidenziale, non scade mai nell’intimismo. Nel segreto della coscienza, il cristiano non lascia il mondo fuori dalla porta della sua camera, ma porta nel cuore le persone e le situazioni”, ha rilevato il pontefice mettendo in evidenza che nel testo del Padre Nostro “c’è un’assenza impressionante”, manca una parola che “ai nostri tempi, ma forse sempre, tutti tengono in grande considerazione: manca la parola ‘io'”. Il riferimento nella preghiera è invece il “Tu” e il “noi”. “Non c’è spazio per l’individualismo – ha sottolineato ancora Francesco – nel dialogo con Dio. Non c’è ostentazione dei propri problemi come se noi fossimo gli unici al mondo a soffrire. Non c’è preghiera elevata a Dio che non sia la preghiera di una comunità di fratelli e sorelle”.
Continua nell’udienza il grido d’allarme del Papa: “In questo caso è bene supplicare il Signore che ci tocchi con il suo Spirito e intenerisca il nostro cuore”. “È una bella preghiera”, ha commentato a braccio Francesco: “Signore, intenerisci il mio cuore perché possa capire e farsi carico di tutti i problemi, di tutti i dolori altrui”.