A cura di Dott. Fernando Ciarrocchi (Ascoli Piceno) * fernando.ciarrocchi@dconline.info
< Pillole di storia: l’istituto del matrimonio dal diritto romano ai giorni nostri >.
Innumerevoli sono le volte e le circostanze in cui si parla di matrimonio, patrimonio , convivenza. Ma poche sono le volte che si riflette sul loro significato, facendo preciso riferimento agli aspetti storici che ne costituiscono il fondamento.
L’istituto giuridico del matrimonio ha la sua prima regolamentazione nel famoso “Corpus iuris civilis” di Giustiniano .
I termini hanno la loro etimologia latina che ne esplicano il loro significato
Il termine < Matrimonio > deriva dal latino: “mater” e “munus” = dovere
Il termine < Patrimonio > deriva dal latino “pater” e “munus” = dovere.
Il diritto romano riconosce e norma il complesso delle situazioni socio-patrimoniali proprio in riferimento all’unione nuziale utilizzando i seguenti termini: “matrimonium” e “patrmonium”.
“matrimonium” nel senso di dovere della madre , “compito della madre” che rende legittimi i figli procreati nell’unione;
“patrimonium” nel senso del “compito del padre” che è quello di provvedere al sostentamento della famiglia con i beni di cui è legittimo possessore.
La fonte primaria che ci ha tramandato le leggi dell’antica Rona è “ Corpus Iuris Civilis” di Giustiniano .
Nell’antica Roma le nozze erano precedute dagli Sponsalia ( spondeo = prometto) .
Una cerimonia solenne con cui si compiva la promessa di matrimonio e rappresentava l’impegno formale con cui il pater familias promettendo di dare la propria figlia in moglie, acconsentiva, accettava di trasferire la potestas dal futuro al sposo.
Con la firma del contratto nuziale erano stabiliti la natura e l’ammontare dei beni che la sposa avrebbe poortato con sé nella casa maritale.
E dopo aver fissato la data delle nozze, la cerimonia degli Sponsalia si concludeva con il banchetto al quale partecipavano tutti i presenti.
Storici e giuristi tramandano l’esistenza di tre tipi di matrimoni:
- Confarreatio ( cum + farro). E’ la forma più antica e solenne istituita secondo la leggenda dalla stesso Romolo. Era praticato tra i patrizi e cadde presto in disuso. Consisteva in una cerimonia religiosa celebrata davanti al sacerdote di Giove e prendeva il nome proprio da una focaccia di farro che gli sposi mangiavano insieme per simboleggiare l’inizio della vita in vita in comune.
- L’Usus si fondava sulla convivenza del presunti coniugi per un anno al termine del quale si riteneva costituito il vincolo matrimoniale.
- La Coemptio tipica del mondo arcaico, era un vero e proprio contratto di compravendita, a seguito del quale la donna veniva chiamata uxor. L’istituto sopravvisse fino al IV sec. D.C.
Il matrimonio si fondava sul consensus, sull’affectio coniugalis, facit nuptias, la volontà reciproca dei contraenti che deve essere continua.
Con il Concilio Lateranense nel 1285 sotto il Pontificato di Innocenzo III , la Chiesa aveva dettato le norme relative al matrimonio.
In particolare veniva chiesto il consenso libero e pubblico degli sposi che doveva essere dichiarato a viva voce in un luogo aperto.
Furono inoltre regolamentate le cause di nullità matrimoniali ( es. violenza sulla persona, rapimento, mancata consumazione ecc…) e vietati i matrimoni clandestini.
Due secoli più tardi il Concilio di Firenze nel 1439 dichiarava il matrimonio “settimo sacramento, simbolo dell’unione di Cristo e della Chiesa” dichiarazione da conseguiva l’indissolubilità del matrimonio stesso.
Nei paesi cattolici fu il Concilio di Trento, apertosi a Bologna nel 1545 per volontà di Papa Paolo III farnese, a imporre come condizione di validità del matrimonio una forma specifica di celebrazione.
Essa inizialmente avveniva davanti alla Chiesa (e dopo il 1614 al suo interno) alla presenza di due o tre testimoni.
Il parroco aveva già annunciato per tre giorni festivi durante la celebrazione della S. Messa l’intenzione di un uomo e una donna di unirsi in matrimonio: interrogata la coppia, per accertarsi del vicendevole consenso pronunciava la formula “Ego vos in matrimonium coniugo”.
Terminata la cerimonia il parroco era tenuto ad iscrivere quanto accaduto in un apposito registro che aveva l’obbligo di conservare presso di sé.
Con Giustiniano la costituzione della dote con effetto obbligatorio si concretizzò in un negozio per il quale si redigeva un documento denominato l’Instrumentum dotalis con valore probatorio.
Anche il regime della restituzione della dote fu riformato da Giustiniano.
Si ricorda soltanto l’obbligo da parte del marito di restituire subito i beni dotali immobili, mentre per gli altri beni entro un anno.
L’obbligo di redarre un documento per la costituzione della dote “Istrumentum dotalis” entrerà nel diritto medioevale, sarà recepito dagli statuti comunali e praticato per tutto il medioevo per arrivare fino al novecento.
La riforma del diritto di famiglia attuata con la legge n.151 novecento. del 1975 interviene anche in merito al trattamento giuridico dell’istituto della dote “ante riforma” .
L’art.159 della medesima norma in materia di diritto di famiglia disciplina la libertà dei coniugi nello scegliere come regolamentare l’assetto dei propri rapporti patrimoniali.
Lo Stato Italiano, con il l’approvazione della Carta Costituzione, all’art.29, riconosce costituzionalmente la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
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