Se siamo ciò che mangiamo siamo anche ciò che respiriamo. E quando tira una brutta aria, la salute è la prima a risentirne. A metterlo nero su bianco è l’ultimo report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Who) secondo cui, a causa del precipitare della situazione, il 90% della popolazione mondiale inala quotidianamente polveri tossiche. Il bollettino dei caduti è peggiore di qualsiasi conflitto: 7 milioni di persone l’anno. E’ una guerra invisibile, con tre nemici. Ma ne combattiamo solo uno. E debolmente. E’ una guerra vigliacca, colpisce più i bambini che gli adulti. E fa più morti in Italia della seconda guerra mondiale. E’ una guerra che abbiamo sempre perso, e che abbiamo deciso di perdere ancora.
La propaganda la chiama “inquinamento“, ma il suo vero nome è un altro.
Nella seconda guerra mondiale in Italia, in cinque anni e mezzo, sono morti per cause dirette e indirette, 291.376 militari e 153.147 civili. In totale sono 444.000 morti.
Ora in Italia, ogni anno, muoiono prematuramente per inquinamento dell’aria 87.ooo persone. Quindi in cinque anni e mezzo (teniamo lo stesso periodo della seconda guerra mondiale per avere un confronto omogeneo) sono 478.000 morti.
Come se non bastassero i morti, ci sono poi i “feriti“. In effetti le morti premature sono solo la punta dell’iceberg di un problema che devasta il Sistema Sanitario Nazionale.
Morire di smog.
Scordatevi dunque di trovare un posto al mondo in cui si respiri ancora l’aria pura. Ormai i miasmi delle nostre ciminiere e dei nostri tubi di scappamento sono arrivati persino sull’Everest. Secondo lo studio, l’aria inquinata è causa del 24% di tutte le morti per attacco cardiaco, del 25% degli ictus letali (l’infografica sottostante somma alcuni parametri di riferimento, restituendo numeri differenti), del 43% delle morti per malattie polmonari ostruttive e del 29% dei tumori al polmone. A patirne maggiormente i bambini, che rappresentano il 7% dei decessi.
Uno studio italiano del 2016 ha mostrato come l’incidenza delle malattie respiratorie siano più che raddoppiate in 25 anni (dal 1985 al 2011):
- Attacchi d’asma +110%
- Rinite allergica +130%
- Espettorato frequente +118%
- Broncopneumopatia cronica ostruttiva(BPCO) +220%
I bambini sono particolarmente esposti all’inquinamento dell’aria:
- innanzitutto la loro velocità di respirazione è 2/3 volte quella di un adulto;
- poi lo strato cellulare che ricopre le loro vie respiratorie è più permeabile agli inquinanti, rispetto quello di un adulto;
- le ridotte dimensioni delle vie respiratorie aumenta la probabilità di ostruzione a seguito di infezioni;
- il loro sistema immunitario non è ancora sviluppato, ciò aumenta il rischio di infezioni respiratorie e diminuisce la capacità di contrastarle.
Come tutte le guerre, anche questa ha un costo, ma è negativo, cioè non spendiamo nel combatterla, ma nel perderla. Ogni cinque anni e mezzo, la spesa sostenuta per i costi sanitari (ospedalizzazioni, giornate perse di lavoro, visite, esami e cure) arriva a 530 miliardi di euro. Per dare un’idea, è più della ricchezza prodotta in un anno dalla Lombardia e Veneto (le due regioni più ricche), ed equivale annualmente a quasi il 5% del PIL nazionale. In realtà, per come si calcola il PIL e la ricchezza di uno stato, è più corretto dire che grazie a questa spesa il nostro PIL è gonfiato di un 5%.
Non solo fabbriche e motori: l’inquinamento domestico è il peggiore
Lo studio evidenzia un particolare sconosciuto ai più: il maggior responsabile delle malattie e dei decessi è infatti il cosiddetto inquinamento domestico, vale a dire quello causato da vecchie stufe e da impianti non a norma. Sarebbero ben 3 miliardi le persone che respirano quotidianamente i prodotti non bonificati della combustione per il riscaldamento, che si conferma essere anche la principale causa dell’inquinamento globale, contro la quale è stato fatto anche meno da parte dei singoli governi. Questa fonte di smog uccide, da sola, più della metà delle persone che ogni anno muoiono per l’inquinamento.
Vediamo di capire cosa è succede:
Semplificando, l’inquinamento dell’aria è riconducibile principalmente alle polveri sottili, PM2,5, responsabili di oltre il 70% dei morti, e agli ossidi di azoto, che uccidono un altro 20%. Il PM2,5 è composto da minuscole particelle “respirabili” che rimangono in sospensione nell’aria e riescono a giungere sin dentro ai polmoni e da qui nel sangue. Le particelle, chiamate anche particolato, possono avere l’origine più diversa e trasportare altri inquinanti molto pericolosi, come il Benzopirene. Per questo, indipendentemente dall’origine, le PM2,5 sono classificate come cancerogene.
Il particolato per lo più è prodotto in due modi:
- direttamente da tutte le combustioni (particolato primario)
- in inverno, a partire da altri inquinanti gassosi, soprattutto i composti azotati (ossidi di azoto e ammoniaca), quando le condizioni meteo trasformano l’aria inquinata in un vero e proprio laboratorio chimico-fisico (particolato secondario).
In inverno, le condizioni meteo (freddo, assenza di vento) possono portare alla concentrazione rapida del particolato nelle pianure e nei fondovalle. L’ultimo eclatante episodio è capitato solo pochi giorni fa ed ha investito l’intera Pianura Padana, con valori delle PM2,5 ben al di sopra degli 80 ug/m3 (il limite medio annuo è 25).
Concentrazioni di PM2,5 il giorno 31-1-2017 in Lombardia e Emilia Romagna. Fonte: Arpa Lombardia e Arpa Emilia Romagna.
L’evento è capitato a grande velocità: sono bastati solo tre giorni. Segno questo che la produzione di inquinanti in Pianura Padana è troppo elevata per il ricambio e la diluizione dell’aria garantita dalle condizioni meteo e morfologiche della grande vallata.
Impennata delle concentrazioni di PM2,5 alla periferia della città di Cremona a fine gennaio 2017.
Scopriamo in Italia chi produce i principali tre inquinanti: PM2,5, Ossidi di Azoto e Ammoniaca.
Si scoprono tre cosette interessanti:
- La prima sorpresa sono le biomasse (legna e pellet) per riscaldamento che producono il 60% delle PM2,5, sono di gran lunga la principale fonte di particolato primario;
- meno sorprendentemente, il traffico veicolare è il principale produttore degli ossidi di azoto, con il 42,5%;
- la seconda sorpresa viene dalla produzione di ammoniaca, che è al 95% prodotta dal settore agricolo (utilizzo di fertilizzanti).
Questi sono dati nazionali, vediamo di calarli in due casi reali.
In una grande città come Milano, in inverno biomasse (legna e pellet),traffico e particolato secondario producono ciascuno circa un terzo del PM2,5. In aperta campagna invece, oltre che al dimezzarsi del PM2,5 totale, i contributi sono: biomasse 35%, traffico 9%, particolato secondario 53% (NOx 31%, NH3 14%, SOx 9%) e altro 3%.
Scopriamo così che ogni bovino da latte inquina in inverno come un’auto a benzina che percorra 55.000 km. Se consideriamo che in Italia nel 2014 avevamo 1.800.000 bovini da latte e il doppio da carne, a livello di inquinamento sanitario è come se ci fossero circa altri 20 milioni di vetture a benzina. Questo senza contare i suini, il pollame e gli altri animali (equini, ovini, bufale,…).
Ma com’è possibile che gli allevamenti inquinino così tanto? La risposta è semplice: in natura, gli stessi animali che alleviamo, non sarebbero né così numerosi, né così ipernutriti.
L’aspetto veramente interessante, è che delle azioni mirate nel settore agrozootecnico non avrebbero benefici solo sull’emissioni di Ammoniaca/Particolato, ma anche su quelle climalteranti (es. metano), sulla sostenibilità ecologica (minor uso dei fertilizzanti, riduzione eutrofizzazione delle acque), energetica e sanitaria(obesità).
Le strategie per ridurre questi impatti potrebbero essere allora di tre tipi:
- La spinta ad un cambiamento nei consumi alimentari, che riduca il consumo di proteine animali, salvaguardando la sostenibilità, la profittabilità(aumento dei prezzi delle carni) e la qualità del settore zootecnico. Un’idea su tutte: marchi di qualità che garantiscano al consumatore la sostenibilità a tutto tondo degli allevamenti, invece che la mera provenienza geografica. Anche perché comunque il settore zootecnico è in una crisi che va gestita: nel periodo 1990-2013 si è avuto un calo del 15% delle emissioni di ammoniaca principalmente dovuto alla riduzione del numero di capi allevati.
- La riduzione della sovralimentazione proteica negli allevamenti, che si riflette ora in un eccesso di ammoniaca che viene espulso tramite le deiezioni. Togliere, dalla dieta, l’1% in proteine, permette di ridurre le emissioni del 10%.
- Tecniche avanzate di gestione dei liquami e letami in azienda (acidificazione, copertura vasche di stoccaggio,…) e durante lo spandimento dei concimi nei campi per la fertilizzazione (iniezione, interramento). Le possibilità di abbattimento sono molte. L’adozione di BAT (Migliori Tecnologie a Disposizione) ha permesso alla Danimarca di ridurre, nel giro di 20 anni, del 40% le emissioni di ammoniaca del comparto agricolo.
In Italia, al momento, la riduzione delle emissioni di ammoniaca fissate in sede UE al 2030 sono del 14% (rispetto al 2005). Un obiettivo che, per riuscire a definire ambizioso, serve una spiccata fantasia.
E l’Italia? È il Paese con più morti per smog nell’Ue
L’Italia vanta un primato tutt’altro che lusinghiero: la maglia nera (sporca come l’aria che respiriamo) per il numero di morti da smog. Lo certifica un report dello scorso autunno a cura della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi. Stando ai dati elaborati in base a uno studio del 2013, l’Italia ha circa 91.000 morti premature all’anno per inquinamento atmosferico, contro gli 86.000 della Germania, i 54.000 della Francia, i 50.000 nel Regno Unito e infine i 30.000 in Spagna. Siamo insomma il polmone malato del Vecchio continente: il nostro Paese ha una media di 1.500 morti premature all’anno per inquinamento per milione di abitanti, contro una media europea di 1.000.
Eppur qualcosa si muove…
È il mondo del volontariato e dell’associazionismo. A breve, infatti, Cittadini per l’aria pubblicherà i risultati del grande progetto di scienza partecipata NO2, no grazie che ha come finalità quella di mappare le concentrazioni di biossido di azoto a Milano, Roma e Brescia. Lo scopo è portare l’attenzione su un dettaglio su cui pochi riflettono: anche i motori diesel inquinano. Il messaggio di Cittadini per l’aria è stato lanciato dalla capitale durante la Bicifestazione, in quell’occasione, i manifestanti hanno esposto lo striscione: “Quanti diesel ti fumi al giorno?.
L’area più colpita in Italia dal problema delle micro polveri si conferma quella della Pianura padana, in particolare Brescia, Monza e Milano ma anche Torino, che oltrepassano il limite fissato a livello Ue di una concentrazione media annua di 25 microgrammi per metro cubo d’aria, sfiorata invece da Venezia. Considerando poi la soglia ben più bassa raccomandata dall’Oms di 10 microgrammi per metro cubo, il quadro italiano peggiora sensibilmente, a partire da altre grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna, arrivando fino a Cagliari e a sorpresa la piccola città di Frosinone.
“Nonostante i miglioramenti continui degli ultimi decenni, l’inquinamento atmosferico incide ancora sulla salute degli europei, riducendo la qualità e l’aspettativa di vita” ha affermato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’AEA. “Inoltre, ha un impatto economico notevole, poiché aumenta i costi sanitari e riduce la produttività con la perdita di giorni lavorativi in tutti i settori dell’economia”
di Antonio Gentile