Tutti abbiamo sentito parlare di populismo, almeno qualche volta.
Il termine può apparire effettivamente come qualcosa che va verso il popolo, che lo favorisce, che cade benefico dall’alto , cioè dall’autorevole volontà del leader, per poi adagiarsi sulla testa di ognuno di noi e portarci ogni forma di soddisfazione.
Non è così.
Populista è colui (il leader) che impiega detti, slogan, e tattiche facilmente comprensibili ed assimilabili dalle masse (“parlando alla loro pancia”), allo scopo di trascinare queste ultime dentro alla sua scia di pensiero ed ottenere così facili consensi. Populista è pure il partito i cui membri seguono ciecamente il capo carismatico, facendo, di fatto, dipendere le loro sorti dalla sua volontà o dalle sue bizzarrie.
In altri tempi (tempi più raffinati), il populismo si sarebbe magari definito demagogia, ovvero, secondo definizioni più appropriate: “una degenerazione della democrazia, dove al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere”.
Fortunatamente, al di là dell’atteggiamento dei leader o delle masse, vi è oggi una caratteristica infallibile per riconoscere, ed evitare, populisti e populismi presenti sulla scena politica italiana.
Qual’e’?
Semplice.
Tutti, ma proprio tutti, portano o hanno portato, scolpito sullo stemma del partito o del movimento, il nome del loro padre-padrone: Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini, eccetera, eccetera… Tutti, inoltre, usano sottoscrivere davanti all’elettorato programmi-beffa, di fatto irrealizzabili o semplicemente menzogneri.
Difficile dunque scambiare l’astro nascente della nuova Democrazia Cristiana con uno dei suddetti populismi. Sin dal primo impatto visivo, si può notare, sul simbolo, la totale assenza del nome di un capo o di chiunque altro. Cosa fondamentale è poi l’assenza di un programma redatto secondo le contingenze del momento o le convenienze. La Democrazia Cristiana è da sempre al centro dello schieramento politico italiano, in chiara posizione di mediazione. Oltre alla sua politica sociale, risalente agli anni di Luigi Sturzo, e all’adesione all’idea cristiana, vi è in essa un costante rifiuto del pensiero estremistico, insieme ad un ostinato poggiare le basi dell’agire politico sul pragmatismo e sull’arte di realizzare il possibile.
Vi pare poco?
La DC sta per tornare e l’epoca della demagogie populiste ha le ore contate.
Ragionateci su.