QUANDO PER LA DEMOCRAZIA SI VA AL MARTIRIO.

QUANDO PER LA DEMOCRAZIA SI VA AL MARTIRIO.
Alessio Piccirillo (Roma)

A cura di Dott. Alessio Piccirillo (Roma) * alessio.piccilillo@dconline.info *

Vice-Segretario generale Dip. Comunicazione D.C. Internazionale *

Segretario regionale Dip. Esteri e Politiche internazionale della D.C. del Lazio. *

< QUANDO PER LA DEMOCRAZIA SI VA AL MARTIRIO. >

Il giorno dopo l’agguato in cui hanno perso la vita il nostro ambasciatore Luca Attanasio, un carabiniere in servizio internazionale, Vittorio Iacovacci e un autista del posto – per mano di un gruppo, ancora da individuare, travestito da Rangers – gli interrogativi sono ancora tanti, e la verità, ancora lontana.

Una foto tratta dal profilo Facebook della moglie dell’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, Zakia Seddiki (Roma, 22 Febbraio 2021). 

Ma andiamo un pochino a ritroso per meglio capire – in quella terra così ricca di materiali ma, stranamente, povera di introiti – il contesto in cui è maturato questo drammatico episodio.

Si cercherà di essere abbastanza sintetici, dal punto di vista dell’esposizione dei fatti storici che hanno portato a questo ultimo episodio di sangue perchè, parlare in maniera approfondita di questo Paese, è cosa assai lunga e articolata.

La Repubblica Democratica del Congo – un tempo Zaire – è da sempre un paese pieno di risorse e materie prime: dal petrolio, all’oro al coltan, una sorta di lega adoperata nella fabbricazione di personal computers, cellulari, nonché materiali utilizzati nell’industria aerospaziale quindi, da sempre nel mirino di multinazionali e gruppi economici di pressione senza scrupoli che mirano alla massimizzazione dei loro profitti, lasciando al paese solo le briciole.

Un personaggio politico – l’unico eletto in quel paese con elezioni democratiche nel 1960 – e che può essere sicuramente degno di essere citato in quanto convinto assertore di una giusta ed equa redistribuzione degli introiti derivati dalle estrazioni minerarie, fu Patrice Lumumba il quale, però, ebbe breve durata in quanto fu destituito, poco tempo dopo la sua elezione, da un colpo di stato che vide l’ascesa al potere del colonnello Jospeh Desireé Mobutu, che rimase al potere fino al 1997, anno della sua morte.

La mappa mostra Repubblica Democratica del Congo. (ANSA/ Web editorial – use only no sales)

Dal quel periodo in poi il Congo conobbe tutta una serie di rivolte e scontri tra fazioni paramilitari di differente estrazione, dietro le quali si sono sempre celate, ed in maniera, spesse volte, nemmeno tanto velata, precisi interessi di gruppi di pressione internazionali.

Periodo, questo, dove l’Italia, pagò – già allora – in termini di vite umane, un pesante ed ingiusto prezzo, solo per essere intervenuta in quelle zone per motivi umanitari.

In particolare si fa riferimento alla morte del caporale della Croce Rossa Italiana Raffaele SORU, in forza all’Ospedale militare 010 di Albertville1, che perse la vita – dopo una settimana circa, di agonia – il 25 settembre 1961.

Ed ci si rifererisce a quello che passò ancor più tristemente alla storia come “massacro di Kindu”, uno sconcertante episodio avvenuto l’11 novembre dello stesso anno, nel quale vennero trucidati tredici aviatori italiani al seguito della missione dell’ONU in quei territori che, ricordiamolo, in quel periodo storico, era impegnata nel fronte della rivolta secessionista della provincia congolese del Katanga, situata a sud del paese.

Da allora ad oggi fu tutto un susseguirsi di assalti, rivolte, stupri etnici, massacri come quelli della popolazione di etnia tutsi ad opera di miliziani di etnia hutu, provenienti dal vicino Ruanda, gli stessi che poi andarono a formare il famigerato “Fronte di Liberazione del Ruanda”, lo stesso fronte ritenuto uno dei principali sospettati – secondo fonti governative – dell’agguato e della morte dei nostri due connazionali.

A dire il vero l’FLdR , in questo periodo, non è l’unica milizia armata in quel territorio che, ricordiamolo, brulica anche di bande criminali armate di varia natura nonchè di gruppi afferenti il mondo islamista come quelli di ispirazione salafita o quelli che rappresentano gli interessi dello Stato Islamico in quei territori.

A rendere più misteriose queste morti assurde, nelle ultime ore, interviene la secca smentita proprio del fronte di liberazione del Ruanda il quale, attraverso “Actualite” – una testata francese che si occupa anche di questioni africane – ha fatto sapere di non aver nulla a che vedere con quanto accaduto a Goma, il luogo dell’agguato situato nella regione dei grandi laghi congolesi.

A tutti gli effetti, visionando i primi video trasmessi in TV, in cui si vedono sequestrate alcune delle armi del commando non sfugge, agli occhi dei più attenti, una copia in lingua araba di un libro che potrebbe essere anche il Corano.

Ma queste, al momento, rimangono solo delle congetture che gli uomini del ROS dei carabinieri – incaricati di diritto per le indagini di rito – dovranno appurare nei prossimi giorni.

Intanto le salme dei due nostri connazionali stanno per tornare di nuovo nel nostro Paese dove saranno accolte dai corrispettivi nuclei familiari e dalle autorità militari e governative.

Ancora una volta l’Italia paga a caro prezzo per essere intervenuta a portare un barlume di democrazia laddove la democrazia non esiste più da tempo.

 

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