Quella del merci 8017, il treno partito da Napoli e diretto a Potenza per prendere legname, vide la morte di oltre 600 persone», il 03 Marzo del 1944 a Balvano, in un piccolo centro in provincia di Potenza, avvenne il più grande disastro ferroviario della storia italiana: più di 500 vite (ma il bilancio è ancora oggi incerto: qualche fonte ne ipotizza 600) vennero asfissiate da gas tossici.
Sul treno 8017, che si componeva di 47 carri merce e che partì da Napoli con destinazione Potenza, salirono centinaia e centinaia di passeggeri clandestini stravolti dalla guerra che nei paesi lucani cercavano del cibo in cambio di sigari e caffè americani.
Quello che trovarono, in quella notte di marzo del 1944, sul treno nella galleria delle Armi, nei pressi della stazione di Balvano-Ricigliano, fu la morte.
Nella stazione di Salerno, la locomotiva elettrica del treno 8017 fu sostituita da due locomotive a vapore (il tratto dopo Battipaglia non era ancora elettrificato), che per una serie di motivi legati a quel particolare viaggio furono posizionate in testa al convoglio anziché una in testa e una in coda come invece sarebbe stato usuale fare.
Questa disposizione, unita all’eccessivo peso del treno sovraccarico e alla scivolosità dei binari dovuta all’alto tasso di umidità di quella notte del 1944, causò l’arresto del treno, che rimase bloccato nel tratto poco pendente della galleria nei pressi di Balvano.
In quella galleria, sul treno 8017, più di 500 «disgraziati viaggiatori», come li definiva il Corriere della sera nell’articolo del 6 marzo 1944 con cui annunciò il disastro, morirono asfissiati dal fumo della locomotiva accumulatosi nel sotterraneo che rese l’aria irrespirabile.
Questo articolo della rubrica Scomparsi, vuole essere un omaggio a quei pendolari della fame e della disperazione, della povertà e dall’abbandono, che dalla Campania e, in particolare, dalla provincia di Salerno tentavano, attraverso la ferrovia, di raggiungere la Lucania. Uomini che ricostruivano l’Italia del dopoguerra». Una preghiera per loro, grazie.
di Antonio Gentile Vice direttore del Giornale Il Popolo della Dc.