di Salvatore Petrone
Partiamo nella nostra riflessione da delle considerazioni di Vittorio Alfieri secondo il quale “le lettere non hanno e non devono avere un compito di divertimento, ma devono essere soprattutto un momento di impegno sociale.
L’autore, poeta o narratore o saggista o filosofo o scienziato deve avere come interlocutore non più un principe, ma l’uomo nuovo. E collaborare così alla sua crescita e alla sua liberazione da ogni elemento da cui è stato per secoli bloccato.
Risulta evidente che l’intellettuale non può essere colui che compone per celebrare o divertire gli uomini di corte”.
Vittorio Alfieri scappò inorridito alla vista del Metastasio che faceva la triplice genuflessione davanti a Maria Teresa.
Parini sosteneva che il letterato doveva liberamente comporre, anche a costo di essere solo e povero.
Quello che bisogna cercare di raggiungere ad ogni costo non è tanto il rifiuto di aver a che fare coi potenti, quanto di dipenderne. Con i potenti l’unico rapporto proficuo è quello che si fonda sulla parità dei due interlocutori.
Per il momento ancora alleati in una lotta contro un passato che blocca ambedue: fra qualche anno i due si staccheranno e gli intellettuali si troveranno dalla parte di coloro che decidono di decapitare il re.
Dobbiamo rifarci alla preziosa lezione di Vittorio Alfieri per difendere quella libertà di espressione che, sola, può contribuire al cambiamento della società.
Salvatore Petrone – Campobasso