Romolo Murri: una nuova filosofia per il Cristianesimo. Il vero fondatore della Democrazia Cristiana.

Romolo Murri: una nuova filosofia per il Cristianesimo. Il vero fondatore della Democrazia Cristiana.

A cura di Dott. LORENZO RANIOLO (Gela/CL) * lorenzo.raniolo@dconline.info *

dott.lorenzoraniolo@tiscali.it * Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana  <

< Romolo Murri: una nuova filosofia per il Cristianesimo. Il vero fondatore della Democrazia Cristiana. >

Nato a Gualdo, nelle Marche, nel 1870, quando si compiva la Rivoluzione italiana con la Breccia di Porta Pia, Romolo Murri resta ancor oggi una figura scomoda e imbarazzante nella storia del movimento cattolico, a causa delle sue vicissitudini intellettuali e politiche, oltre che umane, che hanno indotto la storiografia cattolica a occultare il suo ruolo e la sua importanza.

Già punto di riferimento della corrente democratico – cristiana all’interno dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici durante il pontificato di Papa Leone XIII, fondatore di riviste come Vita Nova, nel 1895, e Cultura sociale, nel 1898 — con le quali comincerà a porre le premesse ideologiche della Ddemocrazia Cristiana — don Romolo Murri entrerà in profondo contrasto con i cattolici intransigenti, che guidavano l’Opera dei Congressi, e in particolare con l’avvocato veneziano Giambattista Paganuzzi, presidente del Comitato Permanente dell’organismo negli ultimi anni dell’Ottocento.

Con il pontificato di Papa san Pio X, Romolo Murri entrerà in contrasto direttamente con la massima autorità ecclesiastica, soprattutto in seguito allo scioglimento dell’Opera dei Congressi voluto dal Papa nel 1903, quando il nuovo presidente dell’Opera, Giovanni Grosoli, sembrerà essere caduto in ostaggio proprio della corrente democratico – cristiana guidata da don Romolo Murri.

Allora, il sacerdote marchigiano deciderà di continuare per la sua strada, fondando la Lega Democratica Nazionale, cioè quel movimento politico autonomo dalla Gerarchia ecclesiastica che era sempre stato al vertice dei suoi desideri, giungendo poi a solidarizzare pubblicamente con le idee moderniste che erano state condannate dal Magistero della Chiesa, con l’enciclica Pascendi dominici gregis, del 1907, e con la lettera agli arcivescovi e ai vescovi francesi Notre charge apostolique, del 1910.

Arriveranno così la sospensione a divinis, nel 1907, e quindi la scomunica nel 1909, in seguito alla sua candidatura al Parlamento in una lista sostenuta dalla Lega Democratica Nazionale, dai radicali e dai socialisti; e la vicenda di Romolo Murri continuerà con il suo matrimonio in Campidoglio nel 1912, la nuova candidatura nelle file dei radicali alle elezioni politiche del 1913, che questa volta lo vedranno sconfitto, la simpatia per il fascismo durante la nuova attività di giornalista presso il Resto del Carlino e, infine, il suo ritorno alla comunione con la Chiesa cattolica poco prima della morte, avvenuta 12 marzo 1944.

La storiografia murriana ha finora prevalentemente indagato l’esperienza e il pensiero politico di Romolo Murri, i suoi rapporti col modernismo e con l’istituzione ecclesiastica, spingendosi, nelle più avanzate escursioni, fino alla sua adesione al fascismo.

L’attività culturale svolta da Murri a partire dagli anni Venti, fino alla morte, è stata sinora trascurata.

Eppure Murri aveva sempre considerato essenziale e fondamentale, rispetto a ogni altro aspetto della sua attività, la riflessione filosofica.

E che egli, a partire dagli anni della I Guerra mondiale, avesse iniziato a considerare come suo principale impegno politico trovare una nuova filosofia per il Cristianesimo, può vederlo chiunque scorra anche superficialmente i suoi scritti.

Tale impegno è confermato e testimoniato da 18 lettere inedite scritte da Murri a Gentile tra il 1915 e il 1943, che si è avuto la ventura di trovare e di cui si dà notizia in questo stesso volume.

In un articolo intitolato “L’Italia e la civiltà europea di ieri e di domani” pubblicato sulla rivista “Costruire” del giugno 1943, Murri additava come unico rimedio alla crisi presente la ricerca di nuove forme di socialità e di unità fra i popoli, ispirate a una riforma profonda delle coscienze, al recupero di “un vivace senso religioso della realtà e della storia”.

Ma al tempo stesso precisava che tale recupero non poteva prendere le mosse né dal Cattolicesimo istituzionale e storico, che tanti malintesi e tanta distanza separavano dal pensiero e dal mondo moderno, né dal cristianesimo “in generale”.

La fonte ancora viva della spiritualità europea veniva additata da Murri nel “messaggio” del Cristo, nell’inversione di valori annunziata nel Sermone della montagna, più che nella religione che da lui prese il nome. Su questo testo la redazione della rivista avanzò delle riserve circa la tesi sostenuta.

Un testo inedito degli ultimi mesi, scritto probabilmente fra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, dopo che il cosiddetto “ritorno” alla Chiesa era avvenuto, è una nota manoscritta (22 bis) aggiunta a “Il messaggio cristiano e la storia”, che l’autore aveva rivisto per una seconda edizione.

Essa dice “Così la professione religiosa, sempre meno spontanea ed aperta, severamente vigilata e controllata, è diventata come una provincia a parte della vita dello spirito, distaccandosi dalle altre attività, tentando o sognando invano di imporre ad esse forme di tutela e di controllo e di collaborazione superate dalla storia, che è andata innanzi per suo conto.

Oggi molti, nella Chiesa e fuori, sentono viva e urgente l’esigenza di questo rinnovamento spirituale. C’è da ridare agli italiani un’anima veracemente e vivacemente cristiana; c’è un cristianesimo storico da rifare: e lo rifaranno gli animosi che osino vivere nella sua integrità e pienezza il messaggio sociale di Cristo”.

Come scrisse il figlio Stelvio, Murri dunque tornò nella Chiesa “senza deflettere” ossia senza rinunciare né alla peculiarità della sua esperienza politica e sociale, né, tanto meno, alle convinzioni filosofiche e religiose che nel corso degli anni aveva maturato.

In particolare egli mantenne immutata, sino alla fine, la convinzione che il Cristianesimo non avesse ancora una sua filosofia, e che il suo principale problema consistesse nel trovarne una. In secondo luogo, una considerazione si impone intorno alla necessità della riforma spirituale, o filosofica, che Murri riteneva necessaria perché si procedesse a un reale rinnovamento della società, anche e soprattutto da parte del movimento politico dei cattolici.

Le riserve e le critiche che Murri avanzava nei confronti del Partito Popolare di don Sturzo, che nel 1919 la chiesa stessa approvava, dopo aver represso pochi anni prima la Democrazia cristiana italiana dello stesso Murri, nascevano dall’impressione che il nuovo partito intendesse occupare spazi politici senza operare al suo interno e nei confronti del Cattolicesimo a cui si ispirava, quella reale riforma spirituale e filosofica necessaria per sanare il profondo dissidio prodottosi in epoca moderna fra Cattolicesimo e storia.

Scriveva Murri nel 1921: “Per rispondere ai suoi scopi, presunti e confessati, il Partito Popolare dovrebbe essere:

a) espressione pratica di un nuovo atteggiamento della coscienza religiosa italiana o della religione degli italiani, verso i problemi della vita civile, economica e politica: il quale nuovo atteggiamento si era già manifestato e iniziato nel precedente diretto e necessario del Partito Popolare che fu la Democrazia Cristiana italiana.

b) un nuovo avviamento dei rapporti fra Chiesa e Stato in Italia, prescritte ormai le rivendicazioni temporali della prima, riconosciuta e accettata l’unità nazionale, condotti i cattolici ad operare autonomamente, sotto la loro propria responsabilità, nel campo della vita pubblica.

c) un principio nuovo, organico, fondamentale di ricostruzione politica, opposto ai principi degli altri partiti, messo alla base di un’opera seria di rinnovamento nazionale.

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Fernando Ciarrocchi
1 anno fa

Un ottimo articolo. Complimenti dottore.Get