Sergio Marchionne: dal salvataggio di Fiat Mirafiori alla malattia.

Il dirigente della Fiat Sergio Marchionne è in condizioni disperate: dalla clinica svizzera in cui è ricoverato hanno fatto sapere che il suo stato sarebbe “irreversibile”.

Sergio Marchionne: dal salvataggio di Fiat Mirafiori alla malattia.

www.ilpopolo.news * di ANTONIO GENTILE *

Sergio Marchionne. Uno dei grandi vecchi della Fiat, l’ex vicepresidente e storico braccio destro di Gianni AgnelliFranzo Grande Stevens, scrive al Corriere della Sera e ripercorre le tappe del Ceo di Fiat Chrysler, che insieme a Gianluigi Gabetti convinse ad arrivare a Torino su consiglio di Umberto Agnelli, in punto di morte. Era il 2004 e da allora Marchionne ha ribaltato l’azienda, salvandola prima e traghettandola negli Usa poi.

Ricavi triplicati, utile passato da una perdita di 1,5 miliardi a un risultato positivo di 4,4 miliardi, capitalizzazione cresciuta di 11 volte: sono i numeri che scrivono il successo dell’uomo cui la rivista Time dedicò una copertina definendo Sergio Marchionne “la star dell’automotive”. Parlano per lui i risultati conseguiti dalle società del gruppo nei 14 anni duranti i quali il manager con il maglione ne è stato alla guida. In particolare, i ricavi sono passati dai 47 mld del 2004 del gruppo Fiat ai 141 mld del 2017 conseguiti complessivamente da Fca, Cnh Industrial e Ferrari. Nel 2004 la capitalizzazione dell’allora gruppo Fiat era di 5,5 miliardi e ora, tenendo conto di tutte le società nate dagli spin off, scopori e acquisizioni è di circa 60 miliardi di euro.

Non si sa ancora molto delle condizioni di salute di Sergio Marchionne, se non che le sue condizioni sarebbero disperate. Nelle scorse settimane il dirigente della Fiat si era sottoposto ad un delicato intervento alla spalla, ma sembra che le sue condizioni sarebbero peggiorate negli ultimi giorni.

Per il momento l’azienda di Sergio Marchionne non ha confermato né smentito le notizie in merito alle sue condizioni di salute, ma quel che è trapelato da quando è stato sottoposto alla terapia intensiva nell’ospedale di Zurigo, è che le sue condizioni sarebbero irreversibili.  Al suo fianco si alternano la storica compagna Manuela Battezzato, e i suoi due figli Alessio Giacomo e Jonathan Tyler.

Ma se c’è un tratto comune nel percorso umano e professionale di Sergio Marchionne, è quello di essersi sempre mosso fra le due sponde dell’Atlantico. Nato a Chieti il 17 giugno 1952, Marchionne è figlio di un maresciallo dei Carabinieri  e di una giovane istriana. Dopo l’adolescenza in Abruzzo, seguì la famiglia in Ontario, dove si era già stabilita una zia materna. In Canada Marchionne ottenne la laurea in filosofia presso l’Università di Toronto, seguita da una laurea in legge alla Osgoode Hall Law School of York University e quindi un Master in Business Administration presso la University of Windsor. Dopo avere esercitato la professione di procuratore legale, Marchionne entrò nel 1983 in Deloitte Touche come avvocato commercialista ed esperto nell’area fiscale, primo passo di una carriera che nel 2000 lo portò in Svizzera alla carica di A.d. del Lonza Group. attivo nel settore dei prodotti per le industrie farmaceutica e sanitaria.

Sembra che fumasse circa 100 sigarette al giorno, che dormisse 3 ore per notte, e che trascorresse la sua vita più sugli aerei che in terraferma. È diventato ricchissimo, potente, osannato dai grandi della terra, padrone del destino di migliaia di lavoratori. Ma non del suo. Non è ancora morto, ma già tutti ne parlano al passato. Già l’hanno sostituito alla velocità della luce. Ed ora giace in un letto d’ospedale .Come un uomo qualunque. Come un operaio qualunque. Perché la morte non risparmia nessuno, mette tutti sullo stesso piano. Ed improvvisamente e senza preavviso, si sarà accorto che tutto il denaro ed il potere del mondo non valgono niente davanti alla vita, alla salute, e all’amore. Nel bene e nel male, è stato un grandissimo manager. Ora è ritornato alla dimensione di uomo. Di un uomo che sta morendo. E sui social molte, troppe persone, gioiscono per questo. E molte altre, ipocritamente, esprimono un dolore che non provano. Personalmente confesso che non mi stava di certo simpatico, ma il sentimento che ora provo è solo di pietà. Pietà per un uomo che, forse, non ha mai capito che in questo mondo siamo solo di passaggio. E che la sua vita, sempre alla rincorsa del successo, in fondo non l’ha mai vissuta. E che se andrà anche lui e senza portarsi via niente.

di Antonio Gentile – FROSINONE