Gli ultimi dati danno il Crollo dei matrimoni religiosi: però arriva una proposta di legge per supportare gli sposi nelle spese.
Abito bianco, centinaia di invitati, pranzo da favola con portate illimitate, fiori, trucco, wedding planner, bomboniere e tanto altro ancora. La lista delle spese da affrontare – quando si parla di matrimonio – è (quasi) infinita e l’impressione generale è che spesso queste lievitino come per magia al solo pronunciare della parola “nozze”.
Il fatidico sì che celebra l’amore tra una coppia costa caro e spesso i futuri sposi si trovano nella condizione di chiedere il supporto della famiglia per sopperire a tutte le spese. C’è chi opta per un matrimonio più contenuto per scelta, chi invece lo fa per risparmiare.
E se un aiuto arrivasse direttamente dallo Stato? La proposta di legge della Lega e sottoscritta da oltre 50 deputati, consente alle giovani coppie che intendono convolare a nozze di usufruire di uno sgravio fiscale del 20% sulle spese relative alla celebrazione del matrimonio religioso.
Il punto di partenza sono i dati registrati secondo i quali le coppie che “Prediligono il matrimonio civile rappresentano circa il 46,9% perché è una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso”. Inoltre, stando ai dati del Censis, nel corso del 2016 i matrimoni religiosi sono stati solo 107.873, di cui 16.598 al Centro, 58.025 al Sud e nelle isole e 33.250 al Nord Italia. Si tratta di dati molto bassi se si prende come termine di paragone quanto avvenuto dieci anni prima e dove ci sono stati 29.078 matrimoni al Centro, 78.588 al Sud e nelle isole e 54.968 al Nord.
In cosa consiste la detrazione fiscale e come è possibile ottenerla
La proposta di legge prevede che la coppia di sposi possa detrarre una quota massima pari al 20% di 20.000€, ovvero “4.000€ da dividere in cinque quote costanti”. Il bonus è però destinato agli under 35 che abbiano un Isee non superiore a 23.000€ (in riferimento al reddito dichiarato al 31 dicembre 2018) e che non sia superiore a 11.500€ a persona. Oltre a questo, le coppie dovranno essere in possesso della cittadinanza italiana da almeno dieci anni e il matrimonio religioso dovrà tenersi su territorio italiano.
Dunque, stando a quanto presente sul testo di legge: “Agli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni, valutati in 65 milioni di euro per l’anno 2019, in 75 milioni di euro per l’anno 2020 e in 85 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali”.
Per ottenere la detrazione fiscale, sarà necessario indicare tutte le spese sostenute all’interno della dichiarazione dei redditi. Quindi, i pagamenti dovranno essere effettuali tramite bonifico e bisognerà conservare le ricevute che attestano i pagamenti.
Tra i singoli costi, quello che incide maggiormente è il catering ( 7.600 euro), seguito dall’abito da sposa ( 3.900 euro), dal fotografo (1.100 euro), dal fioraio ( 890 euro), dalla band (630 euro) o dj (410 euro) e dalla torta nuziale ( 350 euro).
A questi bisogna aggiungere ulteriori costi non inclusi nell’analisi, come le fedi, la location, le bomboniere e il viaggio di nozze, che hanno comunque un peso non indifferente sul budget familiare. Una cifra elevata tanto che diventa fondamentale il ruolo del credito al consumo: senza la possibilità di dilazionare i pagamenti molti dovrebbero rimandare o rinunciare al giorno più atteso della propria vita. Al contrario, per chi non bada a spese e può permettersi un wedding planner, dovrà prevedere ulteriori 1.360 euro.
MATRIMONIO E CONVIVENZA? – L’indagine di Compass ha evidenziato anche altri aspetti. Interrogati sulla preferenza tra matrimonio o convivenza, per gli italiani il primo rappresenta ancora un momento importante nella realizzazione della vita di coppia (per il 46%), mentre per il 38% la convivenza è un passaggio fondamentale prima del grande passo, e a pensarlo sono soprattutto i single. Una cosa è certa, che sia convivenza o matrimonio, solo l’8% preferisce la solitudine, un dato che sale al 26% tra i separati e divorziati.
di Antonio Gentile