Articolo di Antonio Gentile – www.ilpopolo.news * www.democraziacristianaonline.it
I guai per il presidente Trump non sembrano finire, martedì 21 agosto, nel giro di un’ora, due decisioni prese in due tribunali statunitensi a centinaia di chilometri l’uno dall’altro hanno aggravato moltissimo la situazione politica e giudiziaria del presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump. In Virginia, intorno alle 16 ora locale, l’ex capo del comitato elettorale di Trump, Paul Manafort, è stato condannato per vari reati finanziari, tra cui frode fiscale e frode bancaria. Più o meno un’ora dopo, a New York, Michael Cohen – ex avvocato personale di Trump e suo fidato collaboratore – si è dichiarato colpevole di otto capi d’accusa, tra cui evasione fiscale, false dichiarazioni bancarie e uso illecito di fondi elettorali. L’ultimo reato è quello più pericoloso per Trump, visto che Cohen ha ammesso di aver violato la legge “in collaborazione e su indicazione del candidato” per cui lavorava, cioè lo stesso Trump.
Le due storie – entrambe enormi: dai tempi di Richard Nixon un presidente statunitense non veniva toccato da accuse così gravi – non sono collegate tra loro, e nessuna delle due riguarda direttamente la presunta collaborazione del comitato elettorale di Donald Trump con il governo della Russia, sulla quale sta indagando un procuratore speciale, Robert Mueller. La condanna di Manafort è arrivata comunque nell’ambito di quell’inchiesta, che sta procedendo e ha già portato alle ammissioni di colpevolezza di altri importanti collaboratori di Trump, come l’ex generale Michael Flynn; quella di Cohen è arrivata invece da un altro tribunale e per una storia completamente diversa e indipendente, cioè l’uso mascherato di fondi elettorali per pagare due donne allo scopo di farle tacere sulle relazioni extraconiugali di Trump con loro.
Trump ridimensiona il caso, ma l’ultima rivelazione del New York Times rischia di pesare, visto che il presidente americano ha finora sempre negato di aver mai parlato di denaro per mettere a tacere le donne con cui avrebbe avuto degli affair. Una di queste è l’ex coniglietta di Playboy Karen Mcougal, che afferma di aver avuto una storia di oltre un anno con Trump, dal 2006 al 2007, nello stesso periodo in cui la first lady Melania mise alla luce Barron Trump. E lo stesso anno a cui risale il racconto di un’altra pornostar assurta negli ultimi mesi agli onori delle cronache: Stormy Daniels. McDougal offrì il suo racconto per 150 mila dollari al National Enquire prima delle elezioni presidenziali, ma il tabloid scandalistico decise di non pubblicarlo prima dell’Election Day del novembre 2016. Ora spunta l’audio che risale al settembre 2016 in cui il tycoon discuterebbe con il suo legale come sistemare la questione. A confermare l’esistenza della registrazione è uno degli attuali legali di Trump, l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, che però sottolinea come il presidente non sapesse nulla e come quel pagamento di cui si discusse con Cohen non fu mai effettuato.
Il fatto che Trump possa aver mentito dicendo di non aver mai parlato di soldi né per il caso di Stormy Daniels né per quello di Karen McDougal è ora l’aspetto che più preoccupa la Casa Bianca, anche se il presidente ha sempre negato di aver avuto relazioni extraconiugali nel 2006 e 2007.
I procuratori però stanno esaminando il contenuto del dialogo, perché potrebbe avere non solo un valore imbarazzante, ma provare la violazione della legge. Il problema centrale è la provenienza dei soldi utilizzati tanto nel caso di McDougal, quanto in quello di Daniels. Se erano legati in qualche maniera ai finanziamenti elettorali, il loro utilizzo non documentato per compensare le amanti rappresenterebbe un reato. Ora Cohen ha incontrato l’avvocato di Daniels, Michael Avenatti, e sarebbe disposto a collaborare con gli inquirenti per evitare la prigione.
di Antonio Gentile