Un Italia dal comportamento ipocrita e meschino? O solo una complicità che crea figli e figliastri?

Dal caso di Stefano Cucchi, a quello del giovane Girolamo e di Quattrociocchi, tre casi a confronto per un'Italia a tre corsie.

Un Italia dal comportamento ipocrita e meschino? O solo una complicità che crea figli e figliastri?

Nella mia vita mi capita spesso di leggere molto a destra e manca, ma non riesco a tollerare come l’Italia della meritocrazia e del buon senso a volte possa andare a tre corsie, un po come l’autostrada del sole. E allora a volte mi fermo a pensare come i media riescano a stravolgere le notizie o le cose, o lo stato sia complice dei fatti assurdi al punto di non capire cosa è giusto o sbagliato.

Stefano Cucchi

Da qualche giorno abbiamo sentito parlare del caso Stefano Cucchi e delle battaglie della sorella in difesa dell’immagine del fratello ucciso in modo anomalo. Che Cucchi abbia fatto una fine che non meritava e che i responsabili della suddetta debbano essere giustamente puniti non toglie che sia stato comunque un venditore di morte.

Mentre ora vorrei ricordarvi di due altre figure, due ragazzi; il primo é un giovane Giuseppe Girolamo che aveva tutta la vita davanti e che ha rinunciato ad un posto in una scialuppa della nave Concordia, pur non sapendo nuotare, per cederlo ad una bambina. Un uomo che ha perduto la propria vita per salvare chi era più debole di lui.

E poi, ve lo ricordate Fabrizio Quattrocchi è stato una guardia di sicurezza privata italiana, é passato alla cronaca per essere stato rapito e ucciso in Iraq dell’Isis dove lavorava per una compagnia militare privata, insignito di una medaglia d’oro al valor civile alla memoria, per aver pronunciato le fatidiche parole prima che lo sgozzassero… “ora vi faccio vedere come muore un italiano”. Bene a questi due ragazzi cosa bisognerebbe fare per ricordare il loro gesto eroico? Ma vi sembra giusto che a Stefano Cucchi debba essere dedicata una Via a Roma? Con tutta onestà a me sembra la solita buffonata dall’italiana che non fa altro che andare a disonorare la nostra immagine di popolo italiano nel mondo.

 

Il primo omaggio lo farei a all’eroe dimenticato della nave Costa Concordia: lasciò il suo posto nella scialuppa a una bambina. Ma lo Stato nega la medaglia L’atto di generosità del giovane, compiuto mentre la Concordia si inclinava su un fianco, torna all’attenzione dell’opinione pubblica. Il sindaco di Alberobello: “Quali i motivi della mancata assegnazione?”

Giuseppe Girolamo non sapeva nuotare, eppure lasciò il posto nella scialuppa a una bambina, mentre la Costa Concordia si rovesciava su un fianco. Quell’atto di generosità gli costò la vita. La bimba si salvò. Giuseppe, 30 anni, faceva il musicista, suonava la batteria, e per inseguire il suo sogno aveva lasciato Alberobello, in provincia di Bari, per lavorare con la Costa. Mentre ci fu chi scappò e abbandonò la nave come un codardo, era il comandante Schettino, che non pensò solo di salvare la sua pelle e non quella di povera gente.

La medaglia mancante come mai però, si chiedono e si chiesero in tanti non gli è stata mai riconosciuta, “quella  medaglia d’oro al valore civile che fine ha fatto”? Pare che il comune l’avesse chiesta, una volta verificata la veridicità della azione compiuta da Giuseppe. Ma non ci fu alcuna risposta e il sindaco disse alla stampa: “Ho preso contatti per capire quali siano i reali motivi della mancata assegnazione”. L’allora senatore Gaetano Quagliariello, presidente di ‘Idea-Popolo e Libertà, invece presentò un’interrogazione parlamentare alla Presidenza del Consiglio. Comunque nulla di fatto, ad oggi nessun riconoscimento in considerazione di ricordare un ragazzo normale che è andato incontro alla morte per salvare una bambina, compiendo un gesto che può essere un esempio nella vita quotidiana di tutti gli italiani.

Mentre per il valoroso Fabrizio Quattrociocchi che dire, a lui venne data la medaglia giustamente, affrontando da uomo una sorte che per lui era già scritta, tutto successe in quel 14 Aprile del 2004 :«Quando gli assassini gli stavano puntando la pistola contro, questo ragazzo ha cercato di togliersi il cappuccio e ha gridato: adesso vi faccio vedere come muore un italiano. E lo hanno ucciso. È morto così: da coraggioso, da eroe». Vittima di un brutale atto terroristico rivolto contro l’Italia, con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l’onore del suo Paese. 

Tre casi diversi ma con tanta voglia di capire le analogie, perchè il coraggio si misura in modi diversi, perchè Quattrociocchi una medaglia al valore, a Girolamo una medaglia discussa e mai arrivata , masoprattutto perchè a Stefano Cucchi una “Via” in suo ricordo a Roma.

Allora il punto di riflessione è questo, morire da eroi può darci un valore aggiunto?

Ogni attimo rivissuto alla ricerca di un perché che, alla fine, neppure c’è. I latini lo chiamavano fato, i cattolici semplicemente destino: per tutti (laici e credenti) qualcosa di indefinito e indefinibile, alla quale comunque non si può sfuggire. Spesso tutti noi siamo indifferenti e sordi alle richieste di aiuto. Incapaci semplicemente di ascoltare. E talvolta anche di parlare. Ci troviamo davanti a problemi, delusioni, promesse mancate, tradimenti, pugnalate alle spalle: tutto vero, tutto reale, tutto quotidianamente verificabile. Eppure, la vita vale sempre la pena di essere vissuta. La morte cancella, distrugge, polverizza, traccia un solco netto. E’ un passaggio dal quale non si può tornare, fare gli eroi per lo stato italiano, che a volte fa finta di non capire e vedere, ma una cosa è certa la morte coraggiosa ed eroica per lo stato italiano non è sempre uguale!!!

di Antonio Gentile