A cura del Dott. Fernando Ciarrocchi (Ascoli Piceno)
fernando.ciarrocchi@dconline.info
Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana.
< Un ricordo del gesuita marchigiano Padre Matteo Ricci: il fondatore delle missioni cattoliche in Cina >.
A voler volgere lo sguardo indietro, magari leggendo casualmente qualche pagina di storia, si scopre sempre e comunque qualcosa di inedito e soprattutto interessante.
Tra i numerosi personaggi storici che hanno dato lustro alle Marche, regione meglio nota come regione al plurale, scopriamo con immenso piacere che Padre Matteo Ricci, fondatore delle missioni cattoliche in Cina, è nato a Macerata, città sede dell’antica Università, il 6 ottobre 1552 ed è morto a Pechino nel giorno 11 maggio 1610 (sepolto nel cimitero di Zholan a Pechino).
Padre Matteo Ricci è uno dei pochi non cinesi che ha avuto il privilegio di essere stato sepolto in Cina.
P. Matteo Ricci è stato un gesuita, un matematico, cartografo e sinologo italiano, per capirci, un appassionato della lingua, cultura, usi e costumi cinesi.
Giunse dunque in Cina nell’anno 1583, insieme al suo confratello gesuita Padre Michele Ruggeri, al seguito dei colonizzatori portoghesi.
In queste terre lontane l’ordine dei Gesuiti, grazie alla loro forte formazione teologica, è stato senza dubbio il più adatto ad affrontare e risolvere il problema dell’approccio e dell’ interazione con popoli così diversi.
La situazione che trovò il gesuita marchigiano non fu delle più felici: la Cina per sua cultura era molto chiusa in sé stessa tanto che non vedeva di buon occhio l’ingresso degli occidentali nel proprio territorio.
Matteo Ricci consapevole di questo, grazie ad una protezione locale avuta in virtù del “sovoir faire” diplomatico, riuscì a stabilirsi prima nell’attuale Zhaoquin (nella regione di Canton), poi a Nanquino (1585-1601) ed infine a Pechino fino al 1610, anno della morte.
Il gesuita maceratese infatti fin dall’inizio cercò di “farsi cinese con i cinesi”. Si presentò nel pieno rispetto delle tradizioni e della cultura orientale come un letterato occidentale portatore sia di nuovissime cognizioni in campo matematico, astronomico e geografico (allora sconosciute alla classe letterata cinese), sia di un nuovo messaggio religioso.
Ben presto si rese conto che la concezione religiosa di quella gente era diversa da quella occidentale ed i monaci, vivendo una vita riservata, erano invisi sia al popolo, ai letterari e ai mandarini.
Il gesuita Ricci consapevole della complessità della situazione formulò una sorta di sua strategia: primo passo fu di porre in essere un attento studio della lingua cinese. Da esso dipende in larga parte la conversione della Cina perché come affermava “chi non l’usa è considerato come barbaro e non può dar frutto”.
Poi non sostenne l’idea di evangelizzazione intesa non come il raggiungimento più alto numero di convertiti ma si preoccupò di capire e entrare fino nel profondo nella cultura cinese cercando tutti gli aspetti positivi attraverso cui avrebbe potuto portare, il messaggio cristiano.
A tal proposito scrisse” non bisogna tener conto del frutto che si fa solo dal numero dei cristiani, ma considerare le fondamenta che si va facendo per una cosa molto grande “.
Dallo studio dei testi classici cinesi Padre Matteo Ricci arrivò all’originale intuizione che la religione cristiana nei suoi valori si discostava molto dai valori spirituali del confucianesimo e affermò” che la religione cristiana era un perfezionamento dell’antica sapienza cinese”.
Agli occhi di Ricci il confucianesimo appariva una scuola di virtù e morale laica che ben si poteva adattare al cristianesimo.
Il terzo aspetto della sua strategia per l’evangelizzazione era legato alla convinzione che per poter diffondere il cristianesimo in Cina bisognava ottenere una sorta di approvazione ufficiale per i predicatori e la libertà per i cinesi di poter professare la loro fede.
A tal fine era determinante arrivare alla corte dell’imperatore a Pechino. Smise l’abito del Monaco buddista e si presentò così non più come uomo di religione ma “teologo, predicatore e letterato occidentale” modellando la sua vita e il suo aspetto esteriori su quella dei dotti cinesi.
Vesti’ l’abito dei letterari, si lasciò crescere la barba e i capelli (così è ritratto nei dipinti più diffusi) e negli spostamenti utilizzava la portantina.
Divenne a tutti gli effetti “un cinese tra i cinesi” in questo modo ed in virtù delle sue conoscenze entrò nella cerchia dei letterati che era il grado più alto della gerarchia.
L ‘imperatore rimase colpito e incuriosito dallo “straniero” tanto che gli concesse il permesso di fondare una chiesa (a spese dell’erario), lo ammise a corte e lo introdusse nella cerchia dei mandarini imperiali più importanti.
Questa è stata la svolta che ha permesso ai missionari di diffondere la parola di Dio in cui l imperatore era considerato “Figlio del Cielo” e dove tutto ciò che era straniero era visto con ostilità quindi bandito.
Padre Matteo Ricci continuò senza sosta la sua azione di uomo di cultura, di fede, tanto che riuscì a stampare una piccola monografia del catechismo della religione cattolica in una tiratura di 1200 copie. È in assoluto il primo libro scritto da stranieri in terra cinese.
Tradusse un lingua cinese diverse opere occidentali tra cui i primi 6 volumi degli Elementi di Euclide.
Nella sua opera “Genuina nozione de Dio” Ricci provò, partendo proprio dalle fonti dei classici cinesi, l’esistenza di Dio, creatore e governatore di tutti gli esseri viventi.
L’ opera con la quale ottenne prestigio e ammirazione in particolare dall’imperatore fu il “Mappamondo” che svelò ai cinesi gli esatti contorni della terra.
La “Grande mappa dei diecimila paesi” conobbe cinque successive versioni fino ad essere presentata all’imperatore Wanli (1573-1620) ed essere esposta nel palazzo imperiale di Pechino.
Matteo Ricci fu di grande aiuto agli astronomi cinesi nel formulare i calcoli relativi al calendario al fine di far coincidere il calendario con le stagioni.
La cosa fu di fondamentale importanza per la diffusione del cristianesimo in Cina, poiché da allora ai gesuiti fu affidato il compito di formulare ogni anno il nuovo calendario e successivamente in segno di riconoscenza l’imperatore Kangxi concesse a gesuiti un editto di tolleranza (1690) e l’autorizzazione ad erigere chiese cristiane in Cina.
Padre Matteo Ricci grazie alla sua lungimirante opera di evangelizzazione fu un antesignano del Concilio Vaticano II tanto che nei documenti conciliari è scritto “bisogna conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che in esse si nascondono”.
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