UNA RIFLESSIONE SUL TEMA DELL’IMMIGRAZIONE: PARTENDO DA COSA CI INSEGNANO LE SACRE SCRITTURE (SECONDA PARTE)

UNA RIFLESSIONE SUL TEMA DELL’IMMIGRAZIONE: PARTENDO DA COSA CI INSEGNANO LE SACRE SCRITTURE (SECONDA PARTE)

Dobbiamo accettare o rifiutare l’immigrazione? Qualche utile riflessione di San Tommaso d’Aquino

di MARA LUCIA TATANGELO

San Tommaso sottolinea nella sua “Summa teologica” come gli ebrei non trattavano tutti i popoli in modo uguale. Vi erano nazioni più vicine e, quindi, più facilmente assimilabili. Altre, invece, erano più lontane o addirittura ostili. Alcuni popoli ritenuti ostili non potevano essere accettati in Israele, vista appunto la loro inimicizia.

San Tommaso dunque afferma: “Ecco perché la legge stabiliva che si potessero ricevere nella convivenza del popolo alla terza generazione alcuni dei gentili che avevano una certa affinità con gli ebrei. Ossia gli egiziani, presso i quali gli ebrei erano nati e cresciuti, e gli idumei, figli di Esaù fratello di Giacobbe. Invece alcuni, come gli ammoniti e i moabiti, non potevano essere mai accolti, perché li avevano trattati in maniera ostile. Gli amaleciti, poi, che più li avevano avversati, e con i quali non avevano nessun contatto di parentela, erano considerati come nemici perpetui”.

Le regole, però, non devono essere rigide, possono ammettere eccezioni.

Prosegue S. Tommaso: “Tuttavia qualcuno poteva essere ammesso nella civile convivenza del popolo con una dispensa, per qualche atto particolare di virtù: si legge infatti nel libro di Giuditta, che Achior, comandante degli Ammoniti, fu aggregato al popolo d’Israele, egli e tutta la discendenza della sua stirpe.  Così avvenne per la moabita Rut, che era una donna virtuosa ”.

È possibile, dunque, ammettere eccezioni, secondo le concrete circostanze. Tali eccezioni, tuttavia, non sono arbitrarie, hanno bensì sempre in vista il bene comune della nazione. Il generale Achior, per esempio, rischiando la propria vita, era intervenuto presso Oloferne in favore degli ebrei, guadagnandosi in questo modo la loro eterna gratitudine, nonostante la sua origine ammonita.

Ecco dunque alcuni principi in tema di immigrazione enunciati da S. Tommaso d’Aquino, sette secoli orsono. Dai suoi insegnamenti si desume con chiarezza che qualsiasi analisi sull’immigrazione deve essere guidata da due idee-chiave: l’integrità della nazione e il suo bene comune.

L’immigrazione deve avere sempre come scopo l’integrazione, non la disintegrazione o la segregazione, cioè la creazione di piccole “nazioni” contrastanti all’interno del Paese.

Oltre a godere dei benefici offertigli dalla sua nuova Patria, l’immigrante deve assumerne anche gli oneri, cioè la piena responsabilità per il bene comune, partecipando alla vita politica, economica, sociale, culturale e religiosa. Diventando un cittadino, l’immigrante passa a essere membro di una vasta famiglia, con un’anima comune, con una storia e un futuro comune, e non soltanto una sorta di azionista in un’azienda, al quale interessano appena il profitto e i benefici.

Poi S. Tommaso insegna che l’immigrazione deve avere sempre in mente il bene comune: essa non può sopraffare o distruggere la nazione.

Ciò spiega perché tanti europei provano una sensazione di sconforto e di apprensione di fronte alle massicce e sproporzionate immigrazioni di questi ultimi anni. Un tale flusso di stranieri, provenienti da culture molto lontane e perfino ostili, introduce situazioni che distruggono gli elementi di unità psicologica e culturale della nazione, distruggendo perciò la stessa capacità della società di assorbire organicamente nuovi elementi. In questo caso, si sta chiaramente attentando contro il bene comune.

Aspetto secondario ma molto importante: quello economico. In mezzo alla più grave crisi economica degli ultimi decenni, l’Europa si può permettere di prendere in carico milioni di immigrati senza ledere il bene comune dei suoi cittadini?

L’immigrazione organica e proporzionata è sempre stata un fattore di sanità e di forza per la società, introducendovi nuova vita e nuovi talenti. Quando, però, diventa sproporzionata e incontrollata, mettendo in pericolo le fondamenta della società e dello Stato, allora diventa pregiudizievole per il bene comune. Ciò sopratutto quando si tratta di immigrazione, al meno potenzialmente, ostile, secondo le categorie proposte da S. Tommaso.

Farebbe bene l’Europa a seguire i saggi insegnamenti del Dottor Angelico. Un Paese deve usare giustizia e carità nel trattare gli immigranti. Soprattutto, però, deve salvaguardare la concordia e il bene comune, senza i quali un Paese non può durare a lungo. Questo per non parlare della Fede cristiana, il più profondo elemento fondante della nostra civiltà.

 

di MARA LUCIA TATANGELO – MILANO