VACCINARSI O NO : PROBLEMA DI NON FACiLE DECISIONE

 

Gli scriventi, coautori di un articolo da cui questo scritto trae spunto,[1] fanno riferimento al metodo scientifico e alla medicina basata sulle prove, non intendono essere strumentalizzati da posizioni antivacciniste, ma nemmeno rinunciare a discutere nel merito di specifici vaccini e strategie vaccinali, come si considera normale poter fare con qualsiasi altro farmaco.

Sottopongono pertanto le proprie conoscenze e valutazioni in tema di vaccinazione antinfluenzale ai colleghi medici, ai decisori in sanità pubblica e a giornalisti scientifici, e sono aperti a ricevere contributi correttivi o integrazioni del documento basate sulle prove più valide. Auspicano di poterne discutere in opportuni contesti scientifici e istituzionali.

 

Messaggi principali

La pandemia di Covid-19 ha indotto il Governo a estendere e rafforzare la raccomandazione di vaccinare contro l’influenza, e varie Regioni ne hanno ordinato l’obbligo per anziani e personale sanitario. A oggi, però, le ricerche più valide sugli anziani hanno dimostrato la sua utilità solo in cardiopatici in fase attiva, mentre per non cardiopatici le prove non hanno mostrato una tendenza favorevole.

 

Lo stesso sembra valere per la vaccinazione indiscriminata di gravide e bambini. Anche per operatori sanitari mancano prove valide di benefici netti, e comunque un obbligo non sembra compatibile con l’ordinamento vigente. La scelta di un vaccino quadrivalente ad alta dose, con ceppi diversi da quelli raccomandati dall’OMS, sembra costituire un’ulteriore criticità. Inoltre la vaccinazione antinfluenzale:

  • ha efficacia moderata nei confronti dell’influenza, ma non è ovviamente efficace verso le ben più numerose sindromi influenzali da virus diversi da quelli dell’influenza;
  • in base ad alcuni studi potrebbe aumentare il rischio di altre infezioni respiratorie (interferenza virale), comprese alcune da coronavirus (anche se mancano prove rispetto al SARS-CoV-2); non è comunque stato chiarito se sia risultata associata a prognosi migliore negli affetti da Covid-19;
  • non consente di distinguere sindromi influenzali da forme iniziali di Covid-19, che richiedono comunque test diagnostici specifici;
  • se estesa e resa obbligatoria, come deciso da alcune Regioni, a fronte di un bilancio netto molto incerto tra benefici e danni, comporterebbe pesanti costi organizzativi, finanziari e disagi, in competizione con possibili usi molto migliori delle risorse corrispondenti.

A oggi, le migliori prove scientifiche suggeriscono di rinunciare all’obbligo e di accettare una moratoria su un’ulteriore estensione della vaccinazione, finché nuove ricerche valide, pragmatiche e indipendenti da interessi commerciali diano risposte basate sulle prove ai tanti interrogativi sollevati.

Rapporto tra vaccinazione antinfluenzale e mortalità

La maggioranza degli studi su questo rapporto sono di tipo osservazionale e sono soggetti, tra altre possibili distorsioni, al cosiddetto “bias dell’aderente sano”: gli individui che aderiscono a interventi preventivi hanno, al tempo stesso, più probabilità di seguire stili di vita più salutari (dieta, esercizio fisico, meno comportamenti a rischio, ricerca di miglior assistenza sanitaria…) rispetto a chi non aderisce, oltre a credere di più nell’efficacia dell’intervento stesso. Per questo è preferibile affidarsi anzitutto ai risultati di studi randomizzati controllati (RCT) – o a studi osservazionali con un disegno che si avvicini il più possibile a un RCT-, considerando in primis gli esiti più importanti e meno soggetti a valutazioni discrezionali.

AUTORE  FRANCO CAPANNA EDITORIALISTA