In Italia il nome del monsignor Edgar Peña Parra non dice nulla a nessuno. E anche a Roma, dietro le mura del Vaticano, il viso del prelato venezuelano, 58 anni compiuti a marzo, dal 2011 vescovo della minuscola Thelepte in Tunisia e fino a ieri nunzio in Mozambico, è sconosciuto ai più.
Con una mossa a sorpresa nei tempi e nella persona – anche se il suo nome era stato ventilato una settimana fa dalla Catholic News Agency – papa Francesco ha nominato il nuovo Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. Lo ha fatto di Ferragosto – quando il Vaticano è in ferie per la Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria – chiamando al delicato incarico l’arcivescovo venezuelano Edgar Peña Parra, 58 anni, dal 2015 nunzio apostolico in Mozambico.
L’ecclesiastico latinoamericano succede al neocardinale Giovanni Angelo Becciu (destinato a guidare la Congregazione delle cause dei santi), in carica fino a quando ha ricevuto la porpora lo scorso 28 giugno. E prenderà possesso del nuovo ruolo il prossimo 15 ottobre. Almeno negli ultimi decenni non si ricorda una vacatio così lunga in questa casella particolarmente importante del governo centrale della Santa Sede. Ma papa Francesco, forse, voleva far capire ancora di più che nessuna posizione istituzionale – seppur rilevante – è in fondo indispensabile per la vita della Chiesa.
Il nuovo Sostituto è nato a Maracaibo in Venezuela il 6 marzo 1960. Con l’ordinazione presbiterale, avvenuta nell’agosto 1985, è stato incardinato nell’omonima diocesi. Dopo alcuni anni di servizio in parrocchia nel 1989 è stato inviato, primo venezuelano ad esserlo, a frequentare la Pontificia Accademia Ecclesiastica, la scuola diplomatica vaticana. A Roma si è laureato in Diritto Canonico alla Gregoriana con una tesi su “I diritti umani nel Sistema interamericano alla luce del Magistero Pontificio”.
Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede nel 1993, ha prestato la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Kenya, in Jugoslavia, poi presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, quindi nelle nunziature apostoliche in Sud Africa, in Honduras e in Messico. Nel 2011 Benedetto XVI lo ha eletto e consacrato arcivescovo, conferendogli l’incarico di nunzio apostolico in Pakistan. Nel febbraio 2015 papa Francesco lo ha trasferito alla guida della rappresentanza pontificia nel Mozambico. L’impegno di monsignor Peña Parra a Islamabad e Maputo è stato particolarmente apprezzato, come testimonia Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, storicamente molto attiva in questi due Paesi. «In Pakistan – spiega ad Avvenire – ha lavorato per favorire l’inserimento dei cristiani più poveri nella scuola e per il dialogo interreligioso, mentre in Mozambico ha mostrato grande sensibilità per le problematiche dei bambini di strada e delle persone malate di aids come quelli curati nei nostri centri del programma Dream».
Eppure Peña Parra sta per diventare uno degli uomini più influenti della Santa Sede: come annunciato da Francesco lo scorso Ferragosto, l’ex ambasciatore siederà dal 15 ottobre sulla poltrona di Sostituto per gli affari generali alla Segreteria di Stato. Un incarico che lo proietta nell’empireo della gerarchia vaticana, secondo solo al papa e al segretario di Stato Pietro Parolin.
Il ruolo del Sostituto, nonostante alcune prerogative specifiche siano state spostate alla terza sezione della Segreteria creata nel 2017, resta ancora cruciale nel governo della Chiesa e del clero di Roma. Angelo Becciu, che ha guidato gli Affari generali fino al 28 giugno prima di diventare cardinale e prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, era considerato l’uomo forte d’oltretevere, capace nel primo quinquennio di Bergoglio di governare la riottosa curia romana, gestire scandali e polemiche assortite (dal secondo VatiLeaks all’allontanamento del revisore di conti Libero Milone, fino al commissariamento dell’Ordine di Malta) e intessere relazioni con le istituzioni e la politica italiana. Non è un caso che l’ex premier Paolo Gentiloni e Bergoglio, quando si incontrarono in forma privata, lo fecero proprio a casa di Becciu.
L’arcivescovo Roa Perez, che da qualche tempo nutriva dubbi sul candidato, ha appena ricevuto una lettera anonima che giudica molto circostanziata. E decide di vederci chiaro: «Egregio monsignore, in questo adorato seminario ha studiato filosofia il giovane Edgar Robinson Peña Parra» spiega l’alto prelato al rettore del “San Tommaso D’Aquino”, Pio Leon Cardenas . «I rapporti concernenti le sue abitudini sono stati abbastanza negativi, per questo la direzione decise di non farlo proseguire. Pensando che l’errore forse non era così grave da escluderlo definitivamente dal seminario… ho deciso di mandarlo al seminario di Caracas, dove ha studiato teologia ed è sul punto di ricevere il diaconato e presto il sacerdozio. I rapporti del seminario interdiocesano sono in generale positivi. Anzi buoni», chiosa ancora il vescovo Roa Perez. «Ora mi arriva una lettera anonima da Caracas, che dice che (Peña Parra, ndr) “fu espulso dal seminario San Tommaso D’Aquino alla fine del suo terzo anno perché omosessuale…”. Afferma che tale fatto “è stato verificato nella realtà dal suo padre assistente di quell’anno di studio, Padre Leye, e che lei non è arrivato a saperlo” perché un sacerdote di questa arcidiocesi ha falsificato il rapporto».
La presunta lettera anonima, arrivata a Roa Perez qualche settimana prima con allegata una foto del giovane Peña Parra, in realtà fa nome e cognome di chi avrebbe strappato la relazione originale che avrebbe inguaiato l’attuale Sostituto. Ossia di monsignor Roberto Lückert Leon, oggi arcivescovo emerito di Coro e potente presidente della Commissione comunicazioni sociali della Conferenza episcopale venezuelana. Lückert (che organizzò nel 2016 l’incontro tra Francesco e il presidente venezuelano Nicolas Maduro) è stato parroco della piccola chiesa di Nostra Signora di Chiquinquirà a Maracaibo, frequentata fin da bambino dal nuovo Sostituto. Secondo i laici che firmano il dossier, è stato proprio Lückert a indicare a Peña Parra la strada del sacerdozio, e in seguito a consigliarlo e proteggerlo come un figlio.
«Non so se si tratta di intrighi», conclude infine Roa Perez. «Certamente sembra che (Peña Parra e Lückert, ndr) si conoscano abbastanza. La lettera riproduce una fotografia di Edgar Peña, tipo passaporto, di qualche anno fa. Lo chiama “malato sessuale”. Può immaginare Sua Signoria illustrissima l’angoscia che ora mi assale. Ho molto bisogno di sacerdoti, ma non posso essere “un pietoso empio” come afferma un santo della Chiesa riferendosi all’ordinazione di coloro che sono chiaramente indegni. Come ho detto può trattarsi di intrighi, e può essere vero quello che l’anonimo sostiene con fermezza. La prego con veemenza che riveda i rapporti e ascolti Padre Leger per vedere se ricorda il caso».
Tra i documenti del dossier ci sono anche alcune schede sul profilo caratteriale e spirituale del nuovo Sostituto, firmate da padre Jesus Hernandez, rettore del seminario Santa Rosa de Lima di Caracas, tra agosto e dicembre del 1982. In alcune si segnala come Edgar sia «educato, un po’ impulsivo nel carattere, un po’ presuntuoso nel modo di presentarsi, ma bravo studente migliorato dal primo al secondo semestre». In altre si raccontano vicende curiose, come la protesta di Peña Parra e «dei suoi compagni sul cibo» non buono del seminario. Un’altra nota, infine, conferma quello che già aveva scritto Roa Perez: «Edgar ha appena finito filosofia nel seminario di San Cristobal da dove secondo il rapporto è stato allontanato. In questo primo anno non si è visto niente di negativo in rapporto ad alcuni elementi del rapporto precedente del menzionato seminario. Continueremo a osservare il suo comportamento con attenzione. D’altra parte egli deve cominciare a controllare una certa impulsività, cercare la sincerità in tutti gli atteggiamenti e continuare nell’impegno a crescere nella vita spirituale».
Alcuni giornali autorevoli, hanno chiesto delucidazioni alla sala stampa della Santa Sede, chiedendo per giorni un commento sul dossier e soprattutto sull’autenticità o meno della lettera di Roa Perez (morto nel 2000), ma senza ricevere alcuna risposta. È un fatto, però, che il papa – dopo essere stato informato della vicenda – ha spiegato con risolutezza di non credere affatto alla fondatezza delle accuse. «Il papa sostiene si tratti di un altro attacco contro di lui, dopo quello di Viganò», ragionano i fedelissimi, ipotizzando che sia sempre il fronte conservatore a tentare di screditare il suo magistero.
Bergoglio, come di consuetudine, prima di promuovere il monsignore venezuelano ha chiesto alla Segreteria di Stato se ci fossero rapporti o informative ostative alla nomina, ma nulla era saltato fuori dagli archivi. La lettera di Roa Perez, spuntata all’improvviso, è stata così sottoposta all’analisi di alcuni esperti interni, per capire se fosse davvero una fotocopia dell’originale (come sembra) o falso ben fatto: mentre scriviamo nessuno – nonostante i nostri solleciti – ne ha smentito l’autenticità.
In Vaticano sottolineano che comunque i dubbi di Roa Perez sul presunto comportamento libertino del neo Sostituto nascono dalle informazioni di un anonimo. E che, se non conosciamo i risultati dell’indagine conoscitiva sollecitata dalla missiva, è sicuro che proprio l’arcivescovo di Maracaibo, il 23 agosto 1985, ordinerà sacerdote Peña Parra. Dunque delle due l’una: o, come scrivono coloro che hanno confezionato il dossier, Roa Perez ha chiuso un occhio per non scoperchiare un vaso di Pandora che avrebbe coinvolto parte della curia venezuelana («papa Francesco è stato ingannato e mal informato dai suoi collaboratori» scrivono “i laici” che hanno inviato la lettera e gli altri documenti); o si è definitivamente convinto della liceità della condotta del seminarista, attaccato con calunnie da nemici sconosciuti.
Indossata la tonaca, la carriera del successore di Becciu prende il volo in pochi anni: nel 1989 Peña sarà il primo venezuelano a frequentare la Pontificia accademica ecclesiastica, cioè la scuola diplomatica vaticana, poi qualche tempo dopo si laurea alla Gregoriana, e riesce ad entrare nel servizio diplomatico della Santa Sede. Lavora così in Kenya, nell’ex Jugoslavia, e a Ginevra presso la sede dell’Onu. Gira il mondo, come dipendente delle nunziature apostoliche in Sud Africa, Messico e Honduras.
Proprio nel minuscolo paese centroamericano Edgar allaccia rapporti stretti con l’arcivescovo di Tegucigalpa Oscar Maradiaga, attuale e potentissimo coordinatore del C9, il consiglio dei cardinali che deve aiutare Francesco nella gestione della Chiesa universale. Peña Parra stringe amicizia anche con il braccio destro del porporato, ossia il vescovo ausiliare Juan José Pineda, travolto qualche mese fa dalle accuse di abusi sessuali su seminaristi maggiorenni, raccontate proprio da un’inchiesta de L’Espresso a fine 2017. Nonostante la strenua difesa tentata da Maradiaga, il papa ha accettato le dimissioni di Pineda lo scorso luglio. Ma non ha mai perso fiducia nel suo principale consigliere. Anzi: molti credono che il cardinale honduregno abbia avuto un ruolo preminente nella promozione del nuovo sostituto.
Peña Parra – che parla spagnolo, italiano, inglese, francese, portoghese e serbo-croato – nel 2011 viene consacrato vescovo da Benedetto XVI, e poi vola in Pakistan come nunzio apostolico. Francesco, nel 2015, lo trasferisce a Maputo, in Mozambico. Secondo il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, intervistato due mesi fa da Avvenire, Edgar è un sacerdote devoto e capace, che ha lavorato «per favorire i cristiani più poveri nella scuola, a favore dei bambini di strada e del dialogo interreligioso».
«La verità è che l’arrivo di Peña Parra fa tremare potentati del clero romano che volevano per loro quella poltrona chiave, e tutti quelli che vogliono bloccare le riforme del papa. È questo il motivo delle calunnie gravi e indimostrabili», spiegano al nostro settimanale fonti della Santa Sede, che ricordano come le accuse di omosessualità sono nella Chiesa usate per regolare conti interni. «Non è un caso che questo dossier spunti fuori pochi giorni dopo l’affaire di Viganò», aggiungono fedelissimi di Bergoglio, preoccupati dal delicato momento che vive il magistero di Francesco. Dopo le accuse di Viganò (quelle più gravi, riguardanti la presunta copertura del papa degli abusi sessuali dell’ (ex) cardinale Theodore McCarrick, sono state smontate con efficacia la settimana scorsa dal prefetto della Congregazione per i Vescovi Marc Ouellet) e gli scandali sulla “lobby gay” e la pedofilia ecclesiastica scoppiati in Pennsylvania e Germania, le ombre sulla nomina di Peña Parra rischiano di essere usate come una clava dai nemici di Francesco.
Ecco perché, se gli anonimi “laici dell’arcidiocesi di Maracaibo” spiegano di aver redatto il documento spinti dalle parole dei “lineamenta” del Sinodo dei vescovi del 2012 sulla nuova evangelizzazione, che invitano i fedeli cattolici ad avere «il coraggio di denunciare le infedeltà e gli scandali che emergono nelle comunità cristiane», sono tanti i sospetti sui reali obiettivi dell’operazione. Dal timing (Viganò è il primo, lo scorso fine agosto, a mettere in cattiva luce il neosostituto), alla forma anonima dell’invettiva, al tentativo di coinvolgere nella vicenda persino Pietro Parolin (che quando era nunzio in Venezuela sarebbe stato «avvertito da un gruppo di sacerdoti e laici sulla condotta immorale di monsignor Peña Parra»), fino al fatto che Roa Perez, autore della lettera chiave, sia deceduto e non possa più dire la sua.
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di Antonio Gentile