Nonostante l’entrata in vigore dell’Euro abbia sancito da tanti anni la fine della Lira, secondo alcune stime in Italia “circolano” ancora 10 miliardi della vecchia valuta che per la nostra legge sono “non convertibili”.
Questa piccola fortuna, di fatto, ha un valore pari a zero per chi la detiene, poiché per la Banca d’Italia non si può convertire in Euro. Un caso quasi unico in Europa, visto che nella maggior parte degli altri Paesi dell’Unione è sempre possibile cambiare la vecchia moneta anche dopo diversi anni.
Le leggi vigenti negli altri Stati Europei, infatti, si basano su un principio di “diritto” determinato dal momento in cui il cittadino prende coscienza di averne uno. Solo da quel momento si applica il termine di prescrizione (dieci anni) per stabilire entro quanto tempo il soggetto possa esercitare quel diritto.
Si tratta, dunque, di un destino comune a tutti gli attuali detentori di “capitali” in vecchia valuta poiché nel nostro Paese il termine di prescrizione di 10 anni si applica a partire dall’anno di entrata in vigore della nuova moneta europea. Tra l’altro, proprio nel 2011, il Decreto “Salva Italia” del Governo Monti aveva addirittura imposto la decadenza immediata del cambio della lira in euro, ma una sentenza della Corte Costituzionale ne aveva impedito l’attuazione, stabilendo che la prescrizione anticipata voluta all’epoca dal Governo italiano era illegittima.
Tra i nostri connazionali, c’è anche chi ha tenuto da parte un po’ di lire con la speranza che prima o poi tornassero utili o maturassero un certo valore nel tempo. In realtà le banconote del vecchio conio andate fuori corso prima del 2002, difficilmente varranno qualcosa, neanche ricorrendo per vie legali. Lo Stato, di fatto, le considera carta straccia e l’unica speranza è che un giorno valgano qualcosa per i collezionisti.
di Antonio Gentile